Cultura

La storia adottata in una sola fotografia

foto Katia Petrowskaja, copyright Sasha Andrusyk (Kiev, aprile 2021)Katia Petrowskaja, copyright Sasha Andrusyk (Kiev, aprile 2021)

Anticipazioni Un estratto dal testo della scrittrice tedesca di orgine ucraina, ospite domenica 9 luglio al festival Letterature di Roma

Pubblicato più di un anno faEdizione del 6 luglio 2023

La foto risale senza alcun dubbio al novembre del 1989. Probabilmente il fotografo ha scattato parecchie immagini in quel luogo, per poi conservare le migliori e scegliere questa. Io l’ho comprata al Mauerpark di Berlino, nel punto in cui il Muro proveniente da Bernauer Strasse piega bruscamente in direzione Nord. Là dove prima c’era l’ampia Striscia della morte, troviamo oggi uno fra i più grandi mercati delle pulci di Berlino.

Qui da due decenni viene venduta la Storia, frantumata in modesti averi e cianfrusaglie. Così anch’io ho comprato un pezzo di storia privata dei giorni in cui cadde il Muro, quasi fosse una parte della mia storia personale.

AMMUCCHIATI IN DISORDINE ci sono interi archivi di famiglia, fogli sciolti o radunati in raccoglitori, che per ignoti motivi i loro legittimi eredi hanno perduto. Talvolta non si vorrebbe nemmeno sapere perché sono approdati qui e non riposano da qualche parte in armadi di legno massiccio. Al mercato delle pulci è possibile adottarli.

Ogni volta che vado al mercato delle pulci in Mauerpark oltrepasso una sottile linea di demarcazione, una striscia lastricata. E lì ogni volta mi fermo, tanto normale è quel passo eppure così prodigioso nella sua normalità, perché a un’intera generazione non fu possibile compierlo. Su una targa di metallo c’è scritto: «Muro di Berlino 1961-1989». La cicatrice del Muro resta nella topografia di Berlino, così come la data – 13 agosto, il giorno in cui fu costruito il Muro – continua a essere un piccolo tarlo nella mia testa.

Dopo averla comprata, avevo messo la foto nella mia libreria in mezzo ad altre foto personali di una certa importanza: quella della mia vecchia università, quella con mio fratello e una terza persona – il teatro Bolshoi ingabbiato nelle impalcature e io davanti alla locandina dell’Aida.

In fila insieme alle altre, la foto del Muro sembrava appartenere anch’essa alla mia biografia. Quando alla fine emigrò sulla scrivania, le persone ritratte mi parvero ormai familiari, quasi fossero miei ignoti congiunti.

La foto è stata scattata dalla parte Ovest, lo si capisce dai graffiti, senza contare che dietro le guardie in piedi sul Muro si vede l’ultima colonna a sinistra della Porta di Brandeburgo. Il 9 e il 10 novembre furono dapprima i cittadini della Ddr a riversarsi a Berlino Ovest da Berlino Est, dopodiché anche molta gente dell’Ovest, dall’altra parte, cominciò ad arrampicarsi sul Muro.

IN SEMICERCHIO INTORNO alla Porta di Brandeburgo c’era un larghissimo muro antipanzer, più basso e più massiccio del Muro, e senza arrotondamenti sulla sommità, per cui in cima si poteva stare in piedi. L’11 novembre le guardie di confine della Ddr si erano piazzate sul muro, e solo il 12 l’ordine di sparare fu revocato, tanto che le guardie non portavano più armi. Forse è proprio il giorno che vediamo nella foto.

Al centro c’è un uomo che si sta voltando verso la donna e proprio in quel momento viene fotografato. Ha gli occhi chiusi. Sta ammiccando o è il sole che lo abbaglia in quella giornata di novembre? La donna è il vero punto focale. Ha la bocca socchiusa, quasi fosse sorpresa, quasi fosse di fretta, proprio come l’uomo sul lato destro dell’immagine. Il fotografo e l’uomo con i baffi la circondano con i loro sguardi e indirizzano su di lei anche la nostra attenzione. Gli occhiali da sole le nascondono gli occhi. Vuole forse sentirsi doppiamente protetta? Chi dei due è dell’Est e chi dell’Ovest? I miei amici ritengono che all’Ovest, in quegli anni, quasi nessuno portasse i baffi. Fassbinder ne aveva di completamente diversi, e anche lui era morto da tempo.

LA DONNA ASSOMIGLIA moltissimo a una mia conoscente. Nemmeno per un secondo ho creduto di averla potuta «comprare» per caso al mercato delle pulci. Preferivo fantasticare su di lei, sulla sua vita, sulla sua professione, e anche su quel fuggevole istante accanto al Muro. Che sia venuta da questa parte solo per poco? Studia arte, oppure vorrebbe diventare maestra d’asilo? Penso al possibile incontro di quelle persone in simili giornate tumultuose, e tra i due volti distinguo sul Muro la parola «Caos!».

Le guardie sullo sfondo sono senza testa, e le persone in primo piano sono senza corpo, ma mostrano volti sovradimensionati. Ed è esattamente ciò che accadeva in quei giorni e che per caso si ritrova in questa foto: il potere anonimo e senza volto viene decapitato, indietreggia e diventa confuso, le persone e le loro storie avanzano in primo piano. Guardano in direzioni diverse contro la logica lineare del Muro, alla ricerca di un’altra persona.

P.S.: Qualche settimana dopo la pubblicazione di questo scritto ricevetti una lettera da Roma, da parte di Anna-Maria L. Mi scriveva che la donna nella foto era lei, che non possedeva più nessuna fotografia di quei momenti davanti al Muro, tranne, adesso, la mia, e forse, si domandava, sarebbe stato meglio se la banale realtà della sua apparizione non avesse posto limiti alla mia fantasia.

(Per gentile concessione di Berla & Griffini Rights Agency, @ Katja Petrowskaja2023. Traduzione di Ada Vigliani)

 

SCHEDA

Nella terza serata di domenica 9, il festival Letterature (che quest’anno si affida alla «Memoria del mondo») ospiterà il vincitore o la vincitrice del Premio Strega 2023, la scrittrice britannica Jeanette Winterson, vincitrice del Whitbread Prize, e l’autore turco Burhan Sönmez, presidente del Pen International, vincitore del Václav Havel Library Award e finalista al Premio Strega europeo 2023. Chiuderà la scrittrice e giornalista tedesca di origine ucraina vincitrice del Premio Strega europeo 2015 e dello Schubart-Literaturpreis Katja Petrowskaja.

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