La spia che venne dal caldo
La pagina 6 del Corriere della sera della scorsa domenica – con la lista (presunta, ovviamente) dei cosiddetti influencer e opinionisti di fede putiniana – rimarrà negli almanacchi come un incubo da evitare.
E ciò malgrado l’autorevolezza delle autrici che hanno firmato l’inquietante articolo. L’iniziativa del quotidiano di via Solferino viene dopo iniziative omologhe del concorrente de la Repubblica e di altre testate. Tuttavia, vedere sul giornale che fu della borghesia italiana foto segnaletiche ed elenchi di nomi, fa una certa impressione. Sono passaggi che poi, nell’augurabile fase discendente della crisi, rimarranno ferite non facilmente rimarginabili.
Ha denunciato bene il problema con i suoi rischi la federazione nazionale della stampa con un sapiente comunicato. Si chiede, nel pur conciso testo, di sapere se il Copasir (il comitato parlamentare per la sicurezza della repubblica) sia in possesso di liste classificate come filorusse. Se vi fossero prove provate, gli organismi della categoria dovrebbero intervenire. Se si trattasse – invece – di una caccia alle streghe, il quadro cambierebbe nella sostanza.
Ma da dove arrivano allora elenchi di persone difficilmente ascrivibili a un romanzo di John Le Carré? Le spie che vengono dal freddo magari sono più anonime e coperte. Difficilmente si esibiscono nei talk o mirano a divenire personaggi mediatici. Naturalmente, non si possono confondere ipotetici referenti della guerra ibrida teorizzata dai nuovi soloni delle strategie militari con gli espliciti rappresentanti del governo di Mosca.
Qualcuna o qualcuno appare con una certa frequenza negli studi televisivi, ma con improbabile efficacia manipolatoria. Ad esempio, come giudicare la lunga intervista alla trasmissione de La7 Non è l’Arena combinata da Massimo Giletti (graziato dal Corriere) sul suolo moscovita con la portavoce del ministro degli esteri Maria Zakharova? Con tanto di richiamo al Giletti medesimo definito un bambino e con la scena madre del consueto ospite dei talk Alessandro Sallusti che lascia lo show? Giletti è pure svenuto (auguri di buona salute, ovviamente).
Ma qui non c’entrano eventuali invettive del Copasir. Basterebbero gusto e buon senso. Le accuse di spionaggio rischiano di coprire la triste verità: a furia di cercare un mezzo punto di share si sta provocando l’agonia di un consolidato genere mediale.
Torniamo alla domanda. Donde vengono i nominativi pubblicati? Se non è vero che sia stata una manina parlamentare a vergare il tutto, allora viene da prendere sul serio la smentita di Adolfo Urso, il presidente del comitato, in merito alla possibilità che dal suo organismo fosse uscita qualche notizia. Si evoca un report specifico arrivato nella mattinata di ieri. Eccoci, allora. Da altre parti, verosimilmente, è transitata la vicenda, probabilmente anticipata alla testata milanese.
Comunque la si rivolti, dunque, la storia è preoccupante ed è un’avvisaglia del clima che incombe su un paese dipendente da poteri sovranazionali e scarsamente autonomo. Per l’ennesima volta un crocevia di interessi, gruppi, lobby, servizi.
L’informazione, però, ha il diritto-dovere di ribellarsi di fronte a qualsiasi ingerenza, evitando come la peste ogni strumentalizzazione.
La questione esplosa nelle ultime ore, tuttavia, non sarebbe comprensibile se non la si collegasse al delicato voto del prossimo 21 di giugno sulle armi o quant’altro, e in merito ai pronunciamenti di Mario Draghi in vista del consiglio europeo. La maggioranza, pur larghissima, che a tavolino appoggia l’esecutivo è in fibrillazione costante.
Del resto, il clima elettorale già si sente e le incognite sono alte. L’informazione è troppe volte protagonista e agente diretto del conflitto, lungi dal parlarne con equilibrio.
Non è fuorviante, quindi, immaginare le pressioni di questi giorni come tassello di una linea di conquista coartata del consenso. Lo spauracchio di un maccartismo all’italiana torna utile per convincere gli incerti e quanti non sono sulla linea esatta che corre tra la Nato, gli Stati uniti e il nocciolo duro del governo.
Chi osa dissentire o semplicemente esporre argomenti e dubbi finisce nel bidone della spazzatura dissenziente. Se il blasonato occidente suppone di avere nella sua fisiologia l’essenza della democrazia, si sta con simili trovate dando dei calci dolorosi.
Ci auguriamo che le prossime giornate servano a porre rimedio ad una stecca poderosa, una rondine che fa autunno piuttosto che primavera.
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