La spaccatura della destra europea al vertice Ue sui migranti
Visegrad e oltre La rubrica sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Visegrad e oltre La rubrica sui sovranismi dell'Est Europa. A cura di Massimo Congiu
Ancora una presa di posizione di Budapest e Varsavia sulla questione migranti. Magari ad alcuni sarà sembrato che il vertice sul dossier riguardante il tema in oggetto si stesse avviando ad una conclusione anche anticipata, ma l’Ungheria e la Polonia hanno deciso di mettere da parte, almeno provvisoriamente, le divergenze di vedute sulla guerra in Ucraina e di ricompattarsi per bloccare la riforma delle regole comunitarie sui migranti. Ossia l’oggetto del summit di Bruxelles.
In pratica, i “due di Visegrád” hanno ripreso la polemica sull’accordo dell’8 giugno scorso raggiunto dai ministri dell’Interno che, come ricorda Carlo Lania sul manifesto di oggi (30 giugno), prevede sanzioni per i paesi che si rifiutino di dare ospitalità ai migranti; si parla di 20.000 euro per ogni ricollocamento mancato.
In quell’occasione “l’asse Roma-Budapest-Varsavia” non ha tenuto, visto che alla fine il governo italiano ha detto sì al nuovo Patto concepito per riformare le regole Ue sul tema. I governi ungherese e polacco non accettano l’obbligo di solidarietà tra gli Stati membri, e le reazioni dei due premier sono nette: “Bruxelles sta abusando del suo potere. Vuole ricollocare i migranti in Ungheria con la forza. Questo è inaccettabile”. Tali le parole di Viktor Orbán riportate su Twitter dal suo portavoce Zoltán Kovács. Il primo ministro danubiano ritiene che Bruxelles voglia trasformare con la forza l’Ungheria in un paese di migranti e questo, lui, non può ammetterlo.
Gli fa eco la sua controparte polacca la quale, citata da Europa Today, ha affermato di recente che “la Polonia non permetterà ai trafficanti di esseri umani di dettare condizioni all’Ue”; e ancora: “Siamo favorevoli a sigillare i confini”. Si tratta di posizioni note da tempo.
Il premier ungherese ha in più occasioni posto l’accento sui rapporti amichevoli che lo legano alla sua omologa italiana, mentre Morawiecki è un alleato di peso della Meloni all’interno dell’ECR (Partito dei Conservatori e dei Riformisti Europei). Vi è però da dire che al vertice sui migranti la destra europea ha mostrato una spaccatura e si parla di tensioni fra Meloni e Morawiecki, ma quest’ultimo smentisce. Sottolinea gli “ottimi rapporti” esistenti con la sua controparte italiana, ma sui migranti le soluzioni preferite dai premier polacco e ungherese sono diverse. Il primo insiste sul fatto che la Polonia farà di tutto per difendere il suo sistema politico e il diritto di provvedere come meglio crede ad assicurare la sicurezza interna senza alcuna ingerenza che provenga dall’esterno. A suo avviso quanto sta accadendo “nei sobborghi di Malmö, a Parigi, a Marsiglia a Lilla, e nella stessa Italia”, sono la dimostrazione più lampante di quanto sia sbagliata la politica Ue in ambito migranti.
Così Morawiecki ha scritto su Twitter che “il ricollocamento obbligatorio non risolve il problema dei flussi migratori ma viola la sovranità degli Stati membri.”; e ancora: “La Polonia non pagherà per gli errori delle politiche di immigrazione di altri paesi” (Europa Today, 9 giugno 2023). Il messaggio è chiaro: “In Polonia non avranno luogo trasferimenti forzati finché ci saremo noi al potere”.
Insomma, al vertice sui migranti non sono mancate le tensioni e comunque la cosa non deve stupire conoscendo il punto di vista di Budapest e Varsavia sull’argomento. Il loro ostruzionismo sulla riforma di Dublino viene da posizioni che i due governi continuano a difendere a oltranza con un occhio vigile al consenso interno. Non dobbiamo infatti dimenticare che la Polonia aprirà le urne in autunno e il governo del PiS intende giocarsi questa partita fino in fondo per restare al potere. Motivazioni interne spingono anche Orbán a continuare a fare la voce grossa con Bruxelles e a ribadire il suo impegno per la sicurezza dei suoi connazionali e per la piena affermazione della sovranità nazionale.
L’iter legislativo riguardante il Patto Ue sui migranti prevede un passaggio per il Parlamento e un ritorno al tavolo dei leader comunitari; in quella sede sarà sufficiente una maggioranza qualificata per l’approvazione definitiva. Questo vuol dire che non saranno decisivi i voti di Ungheria e Polonia. Orbán e Morawiecki non saranno contenti. Al limite ne parleranno con Giorgia.
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