Soldi per le frontiere Ue, ma è scontro sui ricollocamenti
Il dossier sui migranti Lavori sospesi per la richiesta di Polonia e Ungheria di legiferare all’unanimità
Il dossier sui migranti Lavori sospesi per la richiesta di Polonia e Ungheria di legiferare all’unanimità
Dodici miliardi di euro in più da inserire nella revisione di bilancio per investire nelle future politiche migratorie, ma Polonia e Ungheria bloccano i lavori del Consiglio europeo chiedendo un voto all’unanimità sul ricollocamento dei migranti. Uno scontro che si consuma nella notte rendendo impossibile per i 27 approvare le conclusioni del vertice.
I nuovi investimenti per proteggere le frontiere Ursula von der Leyen li mette sul tavolo dei leader europei in apertura del Consiglio Ue. Resta da vedere come verranno impiegati. «Sarebbe un ottimo punto di partenza, soprattutto se quelle risorse si concentreranno sul Mediterraneo», dice la premier Giorgia Meloni.
Sarebbe, appunto, perché la proposta della presidente della Commissione Ue troverebbe forti perplessità da parte dei soliti paesi frugali ma anche perché resta da stabilire l’uso che ne verrà fatto. Per von der Leyen, che sull’argomento ieri ha presentato tre report, i soldi dovrebbero servire per rafforzare le frontiere esterne dell’Unione, contrastare il traffico di esseri umani e infine per investimenti per la stabilità economica dei paesi di origine dei migranti. Punti sui quali anche Meloni, che a Bruxelles smorza notevolmente i toni rispetto all’intervento di mercoledì in parlamento, non può che essere d’accordo. «Siamo davvero riusciti a cambiare il punto di vista, anche con il contributo di altre nazioni, dall’annosa divisione tra Paesi di primo approdo e Paesi di movimenti secondari a un approccio unico che risolve i problemi di tutti, che è quello della dimensione esterna», dice.
I motivi di soddisfazione però finiscono qui. Non è una novità che i 27 preferiscano lavorare per bloccare all’origine le partenze dei migranti, come dimostrano le due nuove navi che Bruxelles sta per consegnare alla cosiddetta Guardia costiera libica (a proposito di rispetto dei diritti umani) e l’impegno con cui la stessa von der Leyen, insieme al premier olandese Mark Rutte e a Meloni, hanno lavorato al Memorandum con la Tunisia. La firma definitiva è slittata alla prossima settimana sia per rispettare la festa del sacrificio in corso nel paese nordafricano, ma anche perché «dobbiamo discute ancora un po’», come ha ammesso giorni fa una fonte Ue. La premier italiana ne ha parlato ieri ai leader dei 27 alcuni dei quali non hanno nascosto dubbi nel dare fiducia al presidente Kais Saied che, oltre a rifiutarsi di avviare le riforme economiche richieste dal Fmi internazionale, ha scatenato una compagna contro i migranti subsahariani.
Ma nel vertice non sono mancate le tensioni. Polonia e Ungheria sono tornate all’attacco dell’accordo raggiunto l’8 giugno dai ministri dell’Interno che prevede tra l’altro sanzioni per i paesi che si rifiutano di accogliere i migranti (20 mila euro per ogni mancato ricollocamento). Un punto sul quale Varsavia ha annunciato di voler indire un referendum mentre il premier Mateusz Morawiecki ha annunciato un piano della Polonia – per la verità non molto diverso da quello della Commissione – che prevede investimenti per la gestione delle frontiere esterne, una riforma dell’Agenzia Frontex che le consenta di contrastare meglio il traffico di esseri umani e un intervento della Commissione sul bilancio comunitario per destinare «più fondi a sostegno degli Stati i prima linea». Polonia e Ungheria hanno poi sostenuto sul tema migrazioni il Consiglio debba legiferare all’unanimità. Tesi ritenuta sbagliata dal Consiglio che comunque in serata ha preferito sospendere temporaneamente i lavori.
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