Ha un qualcosa di storico la vittoria al primo turno di Damiano Tommasi a Verona, roccaforte e laboratorio politico della destra. Erano vent’anni che il centrosinistra non andava al ballottaggio e per di più con il candidato più votato nella prima tornata delle amministrative per il rinnovo del sindaco. L’ultima volta è stata nel 2002 con Paolo Zanotto che al secondo turno era riuscito nell’impresa di battere il candidato di centrodestra, Pierluigi Bolla, esponente di Forza Italia.

Tommasi, assestato intorno al 40 per cento, dovrà vedersela con Federico Sboarina, sindaco uscente, appoggiato da Fratelli d’Italia, Lega e i centristi di Lupi e Brugnaro, che ha ottenuto il 32 per cento dei voti. Fuori dai giochi invece Flavio Tosi, ex sindaco della Lega di Bossi dal 2007 al 2017, sostenuto anche da Forza Italia e dai renziani di Italia Viva, senza il simbolo, che si ferma intorno al 24 per cento. Gli altri tre candidati per Palazzo Barbieri raggiungono, assieme, il 4 per cento.

Tra i partiti e le liste civiche in competizione i primi dati danno in testa alle preferenze quella di Damiano Tommasi Sindaco davanti a Pd, Fratelli d’Italia, Lista Tosi, Sboarina Sindaco, Lega. L’affluenza al voto dei veronesi, la più alta del Veneto, per eleggere il sindaco e i 36 membri del consiglio comunale è stata di poco superiore al 55 per cento, mentre nel 2017 sfiorò il 59 per cento.
Il centrodestra ha pagato in maniera salata la divisone e i personalismi presenti al suo interno che lo hanno portato a candidare Tosi e Sboarina. Deludente poi il risultato ottenuto dal sindaco uscente, Sboarina, nonostante la calata a Verona a suo sostegno dei big nazionali e regionali del calibro di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Luca Zaia. Al contrario, Damiano Tommasi è riuscito, uno dei pochi casi in Italia, a mettere attorno alla sigla Rete! tutta la galassia del centrosinistra veronese: Pd, Azione, Più Europa, Partito socialista, Europa Verde, Traguardi, In Comune per Verona, Volt, Demos e Movimento 5 Stelle, senza simbolo per il veto di Calenda.

Le prime parole di Tommasi sono state di gioia, ma anche di cautela. «Il campionato non è finito, adesso comincia la partita più importante. La speranza è quella di poter iniziare a costruire un futuro nuovo per la città. Girare pagina a Verona non è facile e non sarà facile, ma questo è il dato incoraggiante che ci portiamo a casa oggi».

L’ex calciatore di Hellas Verona, Roma e della Nazionale nonché socio fondatore e dirigente scolastico della Don Milani Bilingual School, centro infanzia e scuola primaria, ha svolto una campagna elettorale centrata soprattutto sul dialogo con le persone e con le associazioni che lavorano sul territorio e volutamente distante dai partiti – ha incontrato in privato Letta e Conte giunti a Verona per sostenerlo – rimarcando il fatto di essere un civico: «Non essendo un politico di professione», ha affermato più volte, «e non avendo mai preso una tessera di partito non mi affascina tanto il tema destra o sinistra. Io sto solo dalla parte di Verona. C’è chi risponde a un partito, a me interessa rispondere solo alla città». A volte il suo modo fare è sembrato atipico rispetto ai canoni di una competizione politica. Se fosse stato per lui, non avrebbe neppure stampato i manifesti con la sua faccia. Sicuramente molto legato all’insegnamento di Don Milani.

L’appuntamento è ora per il ballottaggio del 26 giugno. Non sarà semplice per Tommasi vincere, ma non impossibile. E le incognite da sciogliere per i due contendenti sono più di una, a partire dall’astensionismo. La seconda, più politica, riguarda le alleanze in vista del voto cruciale fra 15 giorni. Saranno capaci i vertici nazionali del centrodestra ad imporre una tregua tra Tosi e Sboarina? A Verona in pochi giurano che questo possa accadere in toto e non è da escludere che qualcuno cerchi una piccola vendetta personale; ma in politica mai dire mai. Tutto è possibile.
Intanto Tommasi è già al lavoro per il turno decisivo fra due settimane per dare a Verona «un’ambizione nazionale e internazionale esprimendo in maniera coordinata il grande potenziale di eccellenze che possiede e non solo in modo individuale. Per fare ciò serve un cambio di mentalità che si dovrà tradurre in fatti e scelte da portare avanti nei prossimi anni».