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La separazione delle carriere arriva a Natale. Ma poi ci sarà il referendum

La separazione delle carriere arriva a Natale. Ma poi ci sarà il referendum

Giustizia La commissione Affari costituzionali adotta come testo base quello di Nordio. Emendamenti entro il 23 ottobre, ma la riforma è blindata

Pubblicato circa un mese faEdizione del 11 ottobre 2024

La «riforma delle riforme», quella della separazione delle carriere in magistratura, fa un passo in avanti. Piccolo di per sé – la commissione Affari costituzionali della Camera ha detto il suo primo sì – ma che apre ampi squarci su quel che sarà: una corsa veloce verso l’approvazione definitiva, almeno in attesa del referendum costituzionale. «Entro Natale il parlamento darà il suo ok», giurano da Forza Italia, tra un moto di giubilo e una dedica commossa a Silvio Berlusconi, al quale la riforma è dedicata.

Il testo passato in commissione è quello firmato dal ministro della Giustizia Carlo Nordio e depositato lo scorso 13 giugno dopo il via libera del consiglio dei ministri un paio di settimane prima. Sul tavolo c’erano anche altre proposte, in realtà – alcune delle quali avevano già cominciato a viaggiare sui binari parlamentari – che però si sono fermate quando il governo ha deciso di fare la sua mossa e cristallizzare una riforma che prevede un doppio Csm (uno per la magistratura giudicante e uno per quella requirente) i cui membri verranno sorteggiati, l’assoluta impossibilità di passare da una carriera all’altra (adesso si può fare una volta sola ed entro i primi sette anni di servizio) e un’alta corte per risolvere le questioni disciplinari. A favore del testo, ieri, ha votato compatta la maggioranza, con l’aggiunta di Riccardo Magi di + Europa, mentre Pd e M5s si sono espressi contro e i rappresentanti di Iv e Avs erano assenti al momento del voto (la contrarietà degli ultimi, comunque, è nota).

Sempre ieri è stato fissato anche il termine ultimo per presentare emendamenti – il 23 ottobre – ma le possibilità di modifica sono assai limitati, per non dire del tutto inesistenti: il provvedimento è blindato e la maggioranza ha tutte le intenzioni di andare veloce, appunto, per arrivare al via libera entro Natale. Non sarà facilissimo. Trattandosi di una legge che va a modificare la Costituzione, infatti, è necessaria l’approvazione di ciascuna camera con due deliberazioni successive a un intervallo di almeno tre mesi. E alla seconda serve la maggioranza dei due terzi dell’assemblea. Allo stato attuale delle cose Meloni non ha abbastanza truppe per farcela. Non basterebbe nemmeno includere nel mazzo i centristi di Azione, di Italia viva e di + Europa per arrivare alla maggioranza qualificata. Dunque il sentiero è già tracciato: si andrà a referendum.

È a questo punto, quando cioè il dibattito si aprirà al corpo elettorale, che la magistratura farà la sua mossa. La contrarietà di tutte le correnti è conclamata ed è stata espressa in più occasioni, ma ancora nulla si è detto di eventuali iniziative pubbliche: scioperi, manifestazioni, incontri vari. L’ultima volta che il comitato direttivo centrale dell’Anm ha discusso del tema, lo scorso giugno, si era parlato di una grande campagna da avviare in contemporanea all’iter parlamentare della riforma, ma con ogni probabilità, al netto di qualche spot, la vera battaglia comincerà solo quando sarà ufficialmente fissato il referendum costituzionale.

Per le toghe, la separazione delle carriere è un vero e proprio attentato al potere giudiziario, un tentativo di sottoporlo a quello esecutivo, una manovra per trasformare i pm in superpoliziotti utili solo ad eseguire direttive impartite dall’alto. Resta da valutare quella che sarà la reazione degli italiani. L’ultimo precedente è il referendum proposto dal Partito radicale nel 2022, un flop totale che vide l’affluenza fermarsi a un penoso 20,9%. La prossima volta, però, il quorum non ci sarà: vince chi prende un voto in più.

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