Humza Yousaf, primo ministro scozzese e capo dello Scottish National Party, ha annunciato che la Scozia intende accogliere rifugiati palestinesi, opponendosi a quanto recentemente dichiarato dalla Segretaria agli Affari Interni del governo britannico, Suella Braverman.

Braverman ha infatti spostato appieno la linea dura dei conservatori di Westminster sulle politiche migratorie. Nel mese di settembre si era guadagnata le critiche delle Nazioni Unite per aver detto che i leader dei vari paesi hanno fallito nel riformare il diritto migratorio internazionale per paura di essere definiti «razzisti o anti-liberali». Inoltre, secondo Braverman, il Regno Unito «non è in grado di sostenere il proprio sistema di asilo politico se il semplice fatto di essere gay, o donna, o il temere la discriminazione nel proprio paese è sufficiente per ottenere protezione» e che «il cercare rifugio nella nazione di primo approdo e lo scegliersi la propria destinazione preferita non sono la stessa cosa».

Braverman era stata ugualmente dura su quanto sta accadendo in Palestina e sulle riposte alla guerra nel Regno Unito. La scorsa settimana ha inviato una lettera ai capi della polizia inglese e gallese sostenendo la necessità di porre un freno alle manifestazioni pro-Palestina. Nella lettera, ha infatti scritto che la polizia deve «assicurarsi che ci sia un’appropriata presenza in tutte le proteste che potrebbero causare tensioni nella comunità attraverso cartelloni e canti offensivi, o comportamenti che possano comportare istigazione alla discriminazione» e che bisogna «occuparsi dei responsabili di tali atti come di dovere».

Ancora una volta in contrasto con Londra, la Scozia si schiera su un versante radicalmente opposto. Sebbene il governo scozzese abbia un’autonomia limitata riguardo alle politiche migratorie – competenza di Londra – in un intervento pubblico nella giornata di mercoledì, il premier Yousaf ha condannato con forza le recenti affermazioni di Braverman sull’immigrazione. «Le politiche scozzesi sull’immigrazione – ha sostenuto – verranno decise in Scozia e mai più dai fanatici a Westminster». Sulla crisi umanitaria in Palestina, più in particolare, Yousaf ha dichiarato che la Scozia accoglierà i palestinesi così come ha accolto di recente rifugiati dalla Siria, dall’Ucraina e da molti altri paesi. Ha inoltre invitato la comunità internazionale – e Londra nondimeno – a fare lo stesso.

In merito al conflitto in corso, il primo ministro scozzese ha anche dichiarato che Israele sta illegalmente attaccando Gaza e punendo il popolo palestinese per via di Hamas. Riferendosi alle politiche del governo britannico al riguardo, ha detto di non avere idea del perché i suoi «connazionali ci stanno girando tanto intorno» e che bisogna agire «all’unisono, internazionalmente, per prevenire una macchia destinata a rimanere sulla nostra coscienza per anni».

La guerra in Palestina coinvolge Yousaf anche a livello personale. I genitori di sua moglie si trovano a Gaza al momento – ha fatto sapere – e come tutti i palestinesi, stanno vivendo in condizioni di difficoltà estrema, dovendo razionare cibo e acqua e temendo per le loro vite. In un’intervista Reuters, Yousaf ha detto che «in molti perderanno la vita se i confini non verranno riaperti – non so se rivedrò mai i miei suoceri».

Al di là delle ragioni personali e di quelle riguardanti le politiche migratorie britanniche in genere, la forte presa di posizione di Yousaf ha anche a che vedere con la politica interna scozzese. Dopo l’arresto della ex-premier Nicola Sturgeon, figura centrale nel partito nazionalista di cui ora Yousaf è capo, le recenti spinte verso un nuovo referendum per l’indipendenza si sono placate e la stessa leadership di Yousaf è stata ampiamente messa in discussione.

La posizione di Yousaf è dunque anche il tentativo di ribadire la propria leadership e l’opposizione alle politiche di Londra, oltre che la volontà di confermare il collocamento dello Scottish National Party nel fronte progressista ed europeista – a dispetto delle non poche divergenze interne al partito.