Secondo le truppe cecene dell’esercito russo, Severodonetsk è ormai conquistata. Fonti ucraine parlano di sacche di resistenza in diverse zone della città. La seconda versione sembra più plausibile al momento: una ritirata, per quanto strategica, non si può organizzare senza retroguardia.
Il governatore della parte di oblast di Lugansk ucraina, Sergiy Haidai, in un post sul proprio canale Telegram ha dichiarato che «le forze russe controllano il 70% della città e alcune truppe ucraine stanno combattendo, mentre altre si sono ritirate». Non è chiaro se si tratti di una tattica per mettere in salvo più uomini possibile o per rallentare l’avanzata russa. Anche perché, sempre secondo Haidai, la vicina Lysychansk al momento sarebbe «pienamente sotto il controllo ucraino».

Già all’inizio della scorsa settimana avevamo paventato l’ipotesi che la strategia ucraina fosse proprio quella di ritirarsi nella vicina Lysychansk per usare il suo territorio come sbarramento. Tuttavia, la demolizione del ponte che collega quest’ultima a Severodonetsk da parte dei russi aveva fatto pensare a scenari alternativi. Non è chiaro se effettivamente a Severodonetsk le truppe difensive ucraine abbiano ricevuto l’ordine di resistere casa per casa. Sembra improbabile ma, se così fosse, la battaglia per il capoluogo regionale ucraino è tutt’altro che chiusa. E c’è la questione dei civili. A quanto scrive Haidai, «l’evacuazione (dei civili) è stata interrotta» e «non c’è possibilità di portare aiuti umanitari» ai circa 15 mila sfollati che ancora sarebbero in città.

In realtà le vie di comunicazione con Severodonetsk non sono del tutto interrotte. Gli ucraini dovrebbero controllare ancora la parte sud-ovest del centro urbano. Inoltre, ci sono alcuni sentieri attraverso le campagne che militari e volontari usano per evitare le strade principali e portare aiuti e altro. A mano o in bicicletta non si può portare cibo per migliaia di persone ma, come abbiamo imparato dal 24 febbraio, l’isolamento è una delle chiavi della strategia russa, volta spesso all’annientamento delle posizioni nemiche più che a un rapido avanzamento. In Donbass sembrava che lo stato maggiore del Cremlino avesse optato per un cambio di tattica ma Severodonetsk è la prova empirica di quest’ipotesi.

Del resto, in molti, compreso l’«Istituto per gli studi sulla guerra» americano, il ministero della difesa britannico e altri analisti internazionali, concordano sul fatto che il grande sforzo nell’est sta indebolendo la tenuta delle zone occupate del sud. Per ora abbiamo potuto leggere solo dichiarazioni della parte ucraina ma sembrerebbe che a est e a nord-est di Mykolayiv qualcosa si stia muovendo. Secondo Oleksandr Vilkul, capo dell’amministrazione militare di Kryvyi Rih, i soldati russi starebbero costruendo fortificazioni a est della città, nei pressi delle proprie posizioni. Vorrebbe dire che le operazioni delle forze armate ucraine in uscita da Kryvyi Rih stanno impegnando seriamente i russi, ora costretti a rafforzare le loro difese.

«Abbattono persino i cartelli stradali per costruire fortificazioni», ha dichiarato Vilkul, aggiungendo che starebbero anche minando la costa del fiume Inhulets. Lo stesso funzionario, circa un mese fa, aveva fatto sapere di aver raccolto «informazioni chiare» sul fatto che i russi volessero avanzare proprio sulla sua città. Manovra che poi non si è attuata, almeno a quanto ci risulta. A ogni modo, secondo il Comando operativo ucraino meridionale, «continuano i combattimenti lungo la linea del fronte e le truppe russe hanno fatto saltare i ponti sul fiume Inhulets nei pressi dei villaggi Davydiv Brid e Velyka Oleksandrivka dell’oblast’ di Kherson per impedire la controffensiva dell’Ucraina».

Un altro governatore, il famoso Vitaliy Kim, capo della regione di Mykolayiv, si è espresso ieri su Telegram: «La Russia è sulla difensiva». «Hanno paura di uno sfondamento da parte delle forze armate ucraine, ma noi non abbiamo paura e sosteniamo le nostre truppe». Kim non chiarisce dove sarebbe in corso la ritirata descritta. Tuttavia sembrerebbe che negli ultimi giorni i due eserciti si siano fronteggiati in alcuni villaggi a ridosso di Kherson, occupata dalla Russia fin dai primi giorni di guerra. Secondo il think tank americano ISW, Kherson è «un terreno critico perché è l’unica area dell’Ucraina in cui le forze russe mantengono il terreno sulla sponda occidentale del fiume Dnipro».

Riuscire a tenere stabilmente il territorio di Kherson vorrebbe dire, per i russi, occupare una posizione di forza dalla quale poter lanciare nuove azioni militari in futuro. E gli ucraini lo sanno bene, motivo per cui fin da inizio aprile, ben prima di Kharkiv, si vocifera di una controffensiva in quella zona. Anche il presidente ucraino Zelensky ha affermato nel suo consueto discorso notturno alla nazione che i soldati ucraini hanno registrato «alcuni successi nella direzione di Kherson» senza sbilanciarsi ulteriormente.
Intanto continuano i bombardamenti anche nel resto del Paese: ieri sei missili si sono abbattuti sulla regione di Sumy colpendo diversi obiettivi. Al momento il governatore locale, Dmytro Zhyvytsky, non ha rilasciato ulteriori informazioni sull’entità dei danni e sul numero di vittime.