La resa della città globale e la vita nella giungla
Indagini La guerra del Pacifico nella vicenda di Charles McCormac. Una ricostruzione storica che ha il respiro del memoir e del romanzo: «Fuga dalla fortezza celeste» di Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena, per Neri Pozza
Indagini La guerra del Pacifico nella vicenda di Charles McCormac. Una ricostruzione storica che ha il respiro del memoir e del romanzo: «Fuga dalla fortezza celeste» di Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena, per Neri Pozza
Due storie che si intrecciano sullo sfondo di uno dei capitoli più drammatici della guerra combattuta dagli Alleati contro i giapponesi nel Pacifico. Da un lato c’è una sorta di epopea, quella di Singapore, che alla vigilia del secondo conflitto mondiale appariva come la prima «città globale» del XX secolo. Forte di oltre mezzo milione di abitanti, in poco più di un secolo la città «era divenuta un crogiolo unico di civiltà coesistenti l’una a fianco dell’altra»: malesi, cinesi, tamil, armeni, inglesi e molte famiglie ebraiche. Il potere politico era però saldamente nelle mani di qualche decina di migliaia di occidentali ed in particolare dell’élite britannica che amministrava quel dominio coloniale per conto della Corona e delle autorità di Londra.
PASSATA PIÙ VOLTE di mano, dai portoghesi agli olandesi fino agli inglesi, Singapore incarnava il fascino dissoluto e decadente delle metropoli coloniali ma, al tempo stesso, come notò Joseph Conrad che vi soggiornò alla fine del XIX secolo traendone ispirazione per le sue opere, proprio a causa dello strapotere coloniale, la convivenza tra europei e asiatici si faceva ogni giorno più incerta e precaria.
A tale contesto, il protagonista della storia che Gianni Dubbini Venier e Giovanni Fantoni Modena ricostruiscono in Fuga dalla fortezza celeste (Neri Pozza, pp. 215, euro 19), vale a dire l’ufficiale della Royal Air Force Charles McCormac, aveva guardato forse anche grazie alle suggestioni esotiche frutto dell’epoca: «A Londra aveva visto al cinema Road to Singapore con Bob Hope, Bing Crosby e la conturbante Dorothy Lamour, una delle tante commedie musicali a tema tropicale uscite in quegli anni, che grazie al record d’incassi aveva contribuito a porre l’isola d’Oriente sotto i riflettori». Sta di fatto che dopo la formazione nella migliore scuola per ufficiali della Raf, quella di Cranwell, nel Lincolnshire, il giovane Charles, era nato nel 1915, allo scoppio della guerra aveva chiesto di essere assegnato a una stazione aerea dell’Estremo Oriente: fu destinato a un’unità dell’aviazione di Seletar, l’aeroporto militare più grande di Singapore.
È LUI L’ALTRO PROTAGONISTA, evidentemente il principale, della vicenda che gli autori di Fuga dalla fortezza celeste hanno fatto riemergere dagli armadi della storia grazie ai materiali custoditi nell’archivio della famiglia McCormac e alle memorie dell’uomo. Giovane ufficiale, marito della pronipote di un capo tribù del Borneo, Pat, conosciuta a Singapore, inserito nella comunità britannica del luogo, fino all’inizio del 1942 Charles riteneva, al pari di molti degli abitanti della metropoli d’Oriente, che la guerra avrebbe solo lambito le loro vite. Quando però la minaccia di un’invasione giapponese si fece reale, e non via mare, come le forze di difesa avevano ipotizzato e per la cui eventualità si erano preparate, ma via terra, tutto cambiò in un pugno di giorni. Dopo una settimana di combattimenti le truppe inglesi furono sbaragliate: una resa, cui fecero seguito massacri e violenze di ogni genere, tra cui l’uccisione di migliaia di cittadini di origine cinese, che il Primo ministro britannico Winston Churchill avrebbe definito come «il peggior disastro e la più grande capitolazione della storia inglese».
ALLA SINGAPORE del Raffles Hotel, i cui saloni erano stati frequentati nel corso degli anni da scrittori del calibro di Rudyard Kipling e William Somerset Maugham, si sostituirà così quella dei campi di prigionia dove affluiranno, insieme a Charles McCormac, oltre ottantamila unità dell’esercito, tra inglesi e indiani, caduti nelle mani dei conquistatori. Interrogati, e spesso sottoposti a tortura, dagli uomini della Kempeitai, la «Gestapo giapponese», alcuni ufficiali britannici cominceranno a capire che solo la fuga potrà salvarli da una morte pressoché certa.
Una quindicina di loro riuscirà a fuggire superando barriere di filo spinato prima di raggiungere la costa: sarà solo l’inizio di un viaggio incredibile, condotto quotidianamente con il rischio di essere catturati e uccisi dai giapponesi, sbranati dalle belve o annientati dalle condizioni proibitive frutto degli elementi naturali o dalla fame, che condurrà McCormac attraverso Sumatra, Giava, Bali fino all’Australia e a ricongiungersi con la moglie che si era messa in salvo a Darwin. Rientrato in Gran Bretagna, l’ex ufficiale della Raf avrebbe anche raccontato in un libro oggi dimenticato, You’ll Die in Singapore, la sua incredibile avventura. Se ne doveva trarre un film, ma la casa di produzione fallì prima che il progetto si realizzasse. Eppure, come dimostra Fuga dalla fortezza celeste, questa è senza dubbio una storia che merita di essere conosciuta.
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