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La Puglia è a secco, la produzione di olive è al di sotto del 50%

La Puglia è a secco, la produzione di olive è al di sotto del 50%

Siccità La diga di Occhito non sarà più utilizzabile per irrigare

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 17 agosto 2024

L’acqua raccolta nella diga di Occhito, al confine tra Molise e Puglia, non sarà più utilizzabile per l’irrigazione. Le scarse risorse rimanenti, infatti, saranno destinate a un consumo esclusivamente potabile.

La notizia si colloca all’apice di un climax che vede, sin dalla scorsa primavera, la Puglia e tante altre regioni del Meridione strangolate dall’emergenza siccità. Secondo il presidente di legacoop Agroalimentare Cristian Maretti, attualmente, la regione del tacco d’Italia, «ha una sottoproduzione del 50% di olive, che rischia di avere effetti devastanti sulla produzione di olio Evo, e del 40% dell’intero reparto ortofrutticolo». Particolarmente a rischio sarebbe la campagna del pomodoro, appena avviata e il cui arrivo a fine ciclo produttivo è quantomai incerto vista l’assenza d’acqua. Destino al quale non sembrano sottrarsi neppure il frumento duro, la varietà di legumi, e tutti quei principali ortaggi, piatti poveri della tipica tradizione pugliese, piantatati in estate per essere pronti sulle tavole durante i mesi più freddi: dalle cime di rapa alla cicoria fino al cavolo e al carciofo. I danni stimati riferiti all’ultimo biennio, sarebbero, secondo Coldiretti Puglia, attestabili intorno al miliardo.

Il contesto di riferimento è quello atipico di una regione in cui, alla duratura carenza di pioggia che lascia a secco invasi e dighe, si accompagnano suolo e sottosuolo di natura carsica che non consentono accumuli o riserve d’acqua. Un territorio sostanzialmente non autosufficiente che, come testimoniato dallo stesso acquedotto Pugliese, infrastruttura pubblica tesa all’approvvigionamento idrico potabile, «porta l’acqua nelle case dei cittadini su tutto il territorio prelevandola prevalentemente da altre regioni».

In più, alla totale assuefazione dai bacini di sorgente provenienti da altri territori, si affianca un ulteriore record negativo, ovvero quello che secondo Coldiretti è «il triste primato nazionale di essere la regione dove piove meno ma quando piove l’acqua non viene raccolta per la presenza di reti colabrodo. Il rischio è l’ulteriore desertificazione del 57% del suolo».

Attualmente, su più versanti del territorio regionale, le criticità dell’approvvigionamento idrico presentano il conto da nord, nel foggiano, con la diga Occhiuto; nel bacino sud occidentale, tra il tarantino e il salentino, con la diga San Giuliano ai minimi storici; e infine, nel barese, con gli invasi artificiali completamente a secco.

La catastrofe in atto non ha lasciato indifferente nemmeno l’ordine regionale dei geologi. Preoccupati dall’impatto della carenza di precipitazioni sulle falde acquifere del sottosuolo, l’ordine, su espressione della sua presidente Giovanna Amadei, ha sollevato la questione dell’eccessivo sfruttamento, «spesso al limite della speculazione e dell’abusivismo, della risorsa falda. Fra gli impianti irrigui utilizzati in agricoltura, ci sono quelli preventivamente autorizzati, su disposizione regionale con studi di fattibilità e relazione idrogeologica, che indicano capacità e limiti di prelievo, ma anche impianti, ahimè, non autorizzati: questi ultimi attingerebbero da falde già povere d’acqua. In base alle ultime stime, in Puglia ci sono circa 200mila pozzi illegali realizzati con serie conseguenze sulla quantità e qualità dei volumi di acqua falda».

Emergenza climatica, mancanza di intervento pubblico strutturale e profitto tratto da alcuni privati a danno dell’intero settore. Sono tre i principali snodi su cui si gioca il futuro del settore agroalimentare pugliese.

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