La psicoterapia «intelligente» è stupida
Gilberto Corbellini è professore universitario di bioetica. Ama le provocazioni e abbraccia impulsivamente ogni forma disponibile del “nuovo che avanza”. L’ultimo suo intervento è a favore della psicoterapia su piattaforma di intelligenza artificiale, suggerita soprattutto per i giovani usciti a pezzi dalla pandemia. Che non si sentirebbero giudicati dalla chatbot, come può accadere con uno psicoterapeuta in carne e ossa.
Uno strumento «che più democratico non si può», a disposizione tutti i giorni e tutte le ore e anonimo. Già usato con successo, afferma Corbellini, dal sistema sanitario britannico. Di un costo, nella sua versione base, di 100 euro (un po’ di promozione non guasta mai).
La valutazione ingenua che la chatbot non giudica (invece è il sedimento di tutti i pre-giudizi) ignora tutta la complessità invisibile della mentalità collettiva giudicante. Quanto al sistema sanitario britannico non sembra possedere la chiave di contenimento e di cura del disagio che si diffonde tra i giovani del suo territorio (come nel resto del mondo).
Secondo la più ampia ricerca su questo disagio mai realizzata nel Regno Unito, a cura di Yef (un’organizzazione non profit londinese per la prevenzione della violenza, finanziata dal governo), i cui dati sono stati riportati dal Guardian (11 Novembre), 358.000 teenagers hanno subito lesioni fisiche nell’ultimo anno. Metà di loro hanno assistito a accoltellamenti, atti di bullismo e scontri tra bande o li hanno subiti. Un 26% di essi ha dichiarato che ciò li ha farti chiudere in sé stessi e un 20% che spendono più tempo online.
Gli adolescenti sono usciti disastrati dalla pandemia a causa della paura e del lockdown che, insieme, hanno incrementato a dismisura l’isolamento sociale. L’adolescenza “difficile” è diventata una condizione normale.
È noto che quando i rapporti degli adolescenti con la realtà esterna diventano problematici ed essi non hanno la possibilità di una vera convivialità che li apra alla vita adulta, la violenza diventa una forma pervasiva e anomala di socializzazione della loro esperienza. Chiuderli negli spazi digitali dell’esistenza (incastrando in essi perfino la psicoterapia, la cura dei loro desideri e sentimenti verso gli altri) in modo da incentivare in loro la desolazione, anziché diminuirla, è una prospettiva folle.
La spinta verso questa follia è forte perché è impersonale e segue la corrente dei tempi. È una manifestazione della stupidità che ci abita (e non è mai una qualità individuale): dimenticare la fatica del lavoro di trasformazione che rende significativa la nostra esistenza e abbandonarsi alla fede in una intelligenza superiore che decide per noi. Una religione pericolosissima perché è senza un Dio che la differenzi dal “regno della terra”.
In un suo intervento sulla ’stupidità a Vienna’ (Federazione Austriaca del Lavoro 1937), Robert Musil ha iniziato il suo discorso dicendo:«Se la stupidità non rassomigliasse perfettamente al progresso, al talento, alla speranza o al miglioramento, nessuno vorrebbe essere stupido». Musil ha distinto tra una stupidità che è una debolezza della ragione è un’altra che è debolezza del sentimento.
Questa seconda forma della stupidità, di cui fa parte l’intelligenza artificiale, è stata descritta profeticamente dal grande scrittore austriaco, cent’anni fa, con una lungimiranza impressionante: «Non c’è nessun pensiero importante che la stupidità non sia in grado di utilizzare, essa è mobile in tutti i sensi e può indossare tutti i vestiti della verità. La stupidità che si intende con ciò non è una malattia mentale, eppure è la più pericolosa malattia della mente, pericolosa perfino per la vita».
Corbellini elogia l’anonimato della psicoterapia «intelligente (il vuoto del desiderio e del sentimento dietro il cambio continuo di vestiti). L’esistenza anonima, prodotto del conformismo, non ha nulla di democratico: puzza di totalitarismo.
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