La propaganda non basta: in Russia si teme una guerra lunga
Scenari militari Sarebbe, tuttavia, un errore ritenere che l’offensiva sia un completo fallimento per il Cremlino
Scenari militari Sarebbe, tuttavia, un errore ritenere che l’offensiva sia un completo fallimento per il Cremlino
«Tutto va secondo i piani» è l’ironico titolo dell’inno con cui la stella del punk sovietico Egor Letov raccontò alla fine degli anni Ottanta la distanza surreale fra i resoconti del governo e la vita quotidiana nelle strade del paese.
«DOBBIAMO SOLTANTO aspettare che arrivi il comunismo e poi tutto sarà gratis, tutto sarà una figata, non ci sarà più bisogno neanche di morire, e così mi sono svegliato nel cuore della notte e ho capito che tutto va secondo i piani». Quelle parole sembra di sentirle da venti giorni in Russia assieme ai rapporti sull’intervento in corso in Ucraina.
«Abbiamo potenziale sufficiente per raggiungere i nostri obiettivi», ha ripetuto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov: «Le operazioni speciali procedono secondo i piani e saranno completate nei tempi stabiliti». Sui tempi, però, non si sono espressi sinora né Peskov, né Vladimir Putin, né tantomeno il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, che in tv non si vede ormai da giorni.
La decisione di colpire l’Ucraina è stata improvvisa, ha sorpreso la stessa cerchia del presidente e forse anche una sezione significativa degli apparati di sicurezza. I piani, ammesso che piani ci siano e che qualcuno li stia seguendo davvero, paiono meno efficaci di quel che si credeva.
E IL TIMORE NEL PAESE di restare coinvolti in un confronto più lungo e più profondo di quanto fosse lecito supporre cresce ora dopo ora. Le difficoltà dell’esercito sono legate soprattutto alla catena degli approvvigionamenti. Una cosa è superare la prima linea di difesa dell’esercito ucraino, un’altra è costruire una rete sicura per rifornire le truppe due o trecento chilometri dentro il territorio nemico.
È UN PROBLEMA che i russi non aveva mai dovuto affrontato sino a questo momento. Non era stato necessario farlo in Georgia, nel 2008, dato che la distanza fra Tskhinvali, in Ossezia del Sud, e le prime case di Tbilisi è di centoventi chilometri. Non è stato richiesto in Siria, a partire dal 2015, perché lì lo stato maggiore ha semplicemente garantito copertura aerea all’avanzata delle truppe di Bashar al Assad.
È possibile che i calcoli di Putin fossero basati su una accoglienza favorevole per le truppe arrivate in Ucraina. Ma ovunque hanno trovato resistenza, anche nelle città in cui le politiche nazionaliste portate avanti negli ultimi anni dal governo di Kiev hanno sollevato critiche più forti.
QUESTO SPIEGHEREBBE anche gli arresti la scorsa settimana di due generali della quinta sezione dell’Fsb, quella incaricata di descrivere e di gestire il quadro politico sul campo. Sarebbe, tuttavia, un errore ritenere che l’offensiva sia un completo fallimento per il Cremlino.
La città strategica di Mariupol, mezzo milione di anime sulle coste del Mare d’Azov, è cinta d’assedio. A Kiev sono rimasti solamente gli uomini per combattere. Odessa si prepara a un attacco che potrebbe essere devastante. Putin usa lo strumento militare per conquistare quel che non è riuscito a ottenere attraverso la diplomazia. Il tempo passa, l’Ucraina è allo stremo, le richieste dei negoziatori russi sono sempre più pressanti.
PER QUESTO MOTIVO il Cremlino non ha alcun interesse a discutere i tempi delle operazioni. Esiste, poi, un altro elemento, per così dire psicologico. La fiera resistenza incontrata dai russi spinge l’opinione pubblica a ritenere che i timori agitati per mesi da Putin siano credibili. Il ragionamento è il seguente: se i battaglioni ucraini sono già in grado di combattere alla pari con il nostro esercito, significa che sono davvero un pericolo per la nostra sicurezza.
Ma in Russia cresce, come detto, anche il timore di uno scontro lungo con un popolo amico. Il rapper Morghenshtern, estremamente popolare fra i più giovani, ha pubblicato ieri un nuovo video per il suo brano «12».
In coda si sente la voce di una donna che parla da un rifugio antiaereo e rassicura il figlio sulle sue condizioni. La voce è vera e appartiene alla madre di un altro rapper, di nome Palagin. «Lui è ucraino. Io sono russo. Facciamo musica insieme per tutto il mondo. Vogliamo pace e amicizia», dice il messaggio finale di Morghenshtern. Il suo canale YouTube ha undici milioni di iscritti. Per questa posizione rischia sulla base delle leggi in vigore anni di carcere.
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