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La prima volta di Podemos

La prima volta di PodemosPablo Iglesias festeggia il voto nella notte – LaPresse - Efe

Spagna Il movimento entra in parlamento. E per poco non supera il Psoe

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 22 dicembre 2015

Il risveglio della forza (del cambio). In uno scenario in cui è difficile capire chi ha vinto e chi ha perso, Podemos è sicuramente il partito che ha strappato il risultato più positivo, anche considerando il calo di consensi accusato nell’ultima parte della campagna elettorale e che aveva creato grande incertezza sul risultato finale. Con 69 seggi, più del 20% dei voti totali, e l’affermazione come forza più votata nel País Vasco e in Catalunya, l’entusiasmo tra le fila viola è più che giustificato. Al coronamento di una notte da ricordare è mancato solo il compimento della «remontada»: il sorpasso al Psoe, sfumato per soli due punti, che avrebbe dato tutto un altro peso ai viola nelle negoziazioni che necessariamente seguiranno al voto. Pur così la parabola di Podemos è quasi prodigiosa: dai prodromi dell’occupazione della madrilena Puerta del Sol, al parlamento; dal battesimo del fuoco delle elezioni europee del maggio 2014 (5 seggi), al terzo posto assoluto all’esordio sulla scena nazionale. In chiave di contrasto, l’esito di Podemos risalta ancora di più: «Il Psoe – ha dichiarato un raggiante Pablo Iglesias nella notte di domenica – ha ottenuto il peggior risultato della storia (non era mai sceso sotto i cento seggi, ndr), e il Pp il peggior dal 1989. È finita l’epoca dell’alternanza».

Ora si entra nell’era dell’alleanza, e sui possibili matrimoni di convenienza Iglesias è stato un po’ più reticente. «Non è il momento di parlare di patti, ma di riforma costituzionale – ha dichiarato Iglesias. I nostri deputati tenderanno la mano a chiunque voglia discuterne». Ovvero, tutti, tranne il Pp, con cui Podemos non ha margini di intesa praticamente su nessuna questione. Podemos ha impostato la campagna elettorale sullo scontro con il Psoe, attingendo a piene mani dal suo elettorato più radicale, cosa che complica, almeno sulla carta, la tessitura di alleanze stabili. Ciononostante Sánchez e Iglesias dovrebbero trovare senza grandi difficoltà accordi su questioni di ambito sociale; su temi come la riforma delle legge elettorale o l’approvazione di misure sulla trasparenza, Iglesias potrà, invece, dialogare sia con il Psoe che con Ciudadanos. Dirimente sarà la questione catalana, che invece divide inconciliabilmente i viola sia dal partito di Sánchez sia da quello di Rivera, ed è peraltro uno degli ostacoli più ingombranti alla costituzione di una grande alleanza di governo di sinistra in stile portoghese che comprenda anche le forze nazionaliste. Nel discorso post-voto il segretario di Podemos ha ribadito la «difesa della plurinazionalità della Spagna» (alludendo, senza menzionarlo specificamente, al referendum per l’autodeterminazione della Catalunya, punto nodale del programma), e ha poi elencato le altre misure «imprescindibili e urgenti»: garantire costituzionalmente una serie di diritti sociali ora esclusi dalla Carta, riformare la legge elettorale e istituire di un meccanismo di revoca, mediante referendum, del mandato del governo a metà legislatura in caso di inadempimento del programma.

E se le alleanze su grande scala restano un’incognita da definire, non c’è dubbio che quelle a livello locali hanno funzionato bene. Dei 69 seggi conquistati da Podemos, 27 vengono dalle tre coalizioni regionali, volute da Podemos dopo il fiasco delle regionali catalane, che ha insegnato una lezione che per ora sembra aver capito solo Iglesias: nei territori con un’identità nazionale autonoma non si vince senza costruire prima una rete politica territoriale. In Catalunya Podemos ha corso sotto la sigla En Comú Podem, appoggiata dalla sindaca di Barcellona Ada Colau; nella Comunidad valenciana l’alleanza si chiamava Compromís-Podemos-Es el moment, mentre in Galizia En Marea.

Queste formazioni costituiranno ciascuna un gruppo parlamentare autonomo, e bisognerà vedere come Podemos coordinerà le sue anime locali nella Camera. Vista l’efficacia delle convergenze a sinistra, resta, in ultima analisi, un grosso interrogativo in merito all’alleanza su scala nazionale – saltata per volontà di Iglesias – tra Iu e Podemos. La formazione di Alberto Garzón ha raccolto circa un milione di consensi, che la legge elettorale converte in soli due seggi. Voti che avrebbero avuto un peso specifico molto più incisivo se Podemos avesse accettato il patto con Iu. Oggi, probabilmente, si parlerebbe del sorpasso al Psoe.

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