Il «governo delle due settimane», guidato dalla destra populista di Diritto e giustizia (Pis), è durato quanto doveva durare come da copione costituzionale. È stato il più breve di sempre nella storia della Terza Repubblica di Polonia (1989). Come c’era da aspettarsi, ieri pomeriggio il premier uscente Mateusz Morawiecki ha incassato la sfiducia del Sejm, la camera bassa del parlamento polacco.

Un terremoto politico preannunciato dal risultato delle politiche di ottobre scorso da cui il Pis è uscito vittorioso ma non abbastanza da sbaragliare le forze politiche anti Pis tra i banchi della camera bassa. Si chiude definitivamente un’era, in Polonia, durata 8 anni. Ora tocca al nuovo premier Donald Tusk dei liberali di Piattaforma civica (Po) che in serata ha ottenuto il via libera della camera (248 deputati a favore contro 201) in una giornata che è sembrata non finire mai.

LA DISFATTA, con la diretta parlamentare, è stata seguita da almeno 250.000 polacchi. Persino Lech Walęsa, Premio Nobel per la Pace nonché ex presidente della Repubblica di Polonia, si è fatto vivo ieri al Sejm, nonostante i recenti problemi di salute dell’ex operaio sindacalista, ricoverato negli ultimi giorni in un ospedale di Danzica a causa del Covid-19.

È stata la vittoria di molti nel Paese sulla Vistola, dei cittadini comuni, di sigle e movimenti che hanno detto ripetutamente nie al partito di Jarosław Kaczyński negli ultimi otto anni: dallo «Sciopero nazionale delle donne» (Osk) dietro alle numerose proteste contro la messa al bando dell’aborto terapeutico, passando per le ong della rete Grupa Granica (Gruppo frontiera) che continuano a prestare soccorso agli immigrati extracomunitari al confine con la Bielorussia, fino agli attivisti del movimento civile Comitato per la Difesa della Democrazia» (Kod) i quali avevano smontato il mese scorso le transenne che circondavano il Sejm.

«Troppo a lungo sono stati gli altri a decidere del nostro destino tanto da farci sottovalutare la nostra sovranità. Sì, onorevoli deputati, un’Europa delle patrie e non un’Europa senza patrie», ha dichiarato in aula Morawiecki prima di chiedere in vano la fiducia al Sejm.

AL DI LÀ DELLA QUESTIONE legata al Recovery Fund per la Polonia, ancora bloccato dalla Commissione europea, non sarà facile ricucire i rapporti con Bruxelles, nonostante Tusk, ex presidente del Consiglio Ue. Intanto ieri il Tribunale costituzionale, composto a maggioranza da giudici fedeli al Pis, ha giudicato «anticostituzionali» le multe imposte dalla Corte di giustizia europea legate al mancato rispetto di due decisioni: la chiusura della miniera per l’estrazione di lignite a Turów al confine con la Repubblica Ceca e la liquidazione della controversa camera disciplinare dei giudici voluta dal «superministro alla giustizia» e procuratore generale Zbigniew Ziobro.

Tusk avrà il compito di formare un esecutivo insieme alla coalizione centrista di Trzecia droga (Terza via) e a quella di Lewica (Sinistra). Nelle ultime due settimane il Pis ha fatto quello che ha potuto per restare aggrappato al potere ma anche per ostacolare il repulisti che Tusk e i suoi alleati cercheranno di portare avanti nei prossimi mesi. Un processo che prevede una «grande revisione dei conti» annunciata dalle forze all’opposizione subito dopo le urne.

«Anche i contratti firmati dal Pis nelle ultime due settimane potrebbero essere dichiarati invalidi», ha dichiarato Szymon Hołownia, uno dei leader di Terza via. Tra gli accordi in bilico, uno da 23 miliardi di euro con la Corea del Sud per delle forniture militari da acquistare attraverso un meccanismo di prestiti erogati da Seul.

Dopo Morawiecki a prendere la parola ieri mattina al Sejm è stato lo stesso Kaczyński: «I processi di verifica del programma militare mettono a rischio la sicurezza della Polonia. L’unico modo per restare sicuri è quello di armarsi e armarsi ancora». L’esecutivo Tusk vorrebbe anche rimuovere dal suo incarico l’attuale presidente della Banca Centrale della Polonia (Nbp) Adam Glapiński ricorrendo al Tribunale di Stato.

NEGLI ULTIMI GIORNI si è assistito a un vero e proprio processo di moltiplicazione delle cariche e delle deleghe per rendere più difficile il processo di depoliticizzazione negli enti controllati dal governo. Qualche giorno fa il presidente Andrzej Duda, espressione del Pis, ha nominato 76 ulteriori “neo-giudici”, scelti direttamente dal Consiglio nazionale della magistratura (Krs), un organo composto a sua volta da magistrati selezionati direttamente dal potere politico.

Non sarà facile per il nuovo governo riformare la giustizia con Duda ancorato a Palazzo del Belweder, almeno fino alla primavera del 2025 quando si terranno le prossime presidenziali. L’esecutivo Tusk è destinato a entrare ufficialmente in carica domani dopo aver prestato giuramento in presenza dello stesso Duda.