La Polonia verso la fine del pericolo Articolo 7
Visegrad e oltre La rubrica settimanale a cura di Massimo Congiu
Visegrad e oltre La rubrica settimanale a cura di Massimo Congiu
L’impegno di Donald Tusk per riavvicinare la Polonia a Bruxelles sembra proprio dare i suoi frutti se è vero che la Commissione europea ha chiesto di archiviare la procedura contro la Polonia, quella relativa all’Articolo 7, che era stata avviata per accuse di violazione dello Stato diritto.
La presidente Ursula von der Leyen ha motivato questa iniziativa su X con frasi molto incoraggianti: “Dopo oltre sei anni riteniamo che la procedura dell’Articolo 7 possa chiudersi”. E ancora: “Mi congratulo con il primo ministro Donald Tusk e con il suo governo per questo importante passo avanti”. Per von der Leyen vanno riconosciuti il duro lavoro dell’attuale governo polacco sulla strada del cambiamento e delle riforme rispetto agli anni di Diritto e Giustizia (PiS).
La procedura era stata avviata nel 2017 per politiche attuate dal governo del PiS che ha guidato il paese per otto anni, dal 2015 al 2023.
Tra esse suscitavano particolari inquietudini, a livello comunitario, i provvedimenti presi in ambito giudiziario che minacciavano seriamente l’autonomia dei magistrati. Come? Con l’istituzione della nuova camera disciplinare che l’Ue considerava un organo capace di assicurare al governo il controllo del settore. Organo investito del potere di pronunciarsi sull’indipendenza dei giudici e di revocare la loro immunità per far fronte a procedimenti penali.
Com’è noto, le elezioni politiche dello scorso ottobre hanno creato le premesse per la svolta; è vero che il PiS ha confermato di essere il primo partito del paese, ma non ha trovato nessuno con cui allearsi per proseguire la sua esperienza di governo. A dicembre Donald Tusk ha presentato al Sejm il nuovo governo intenzionato a modificare la rotta che la Polonia aveva seguito con Diritto e Giustizia.
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Varsavia, si è insediato il governo Tusk, e vola subito a BruxellesVa precisato che l’attuale premier di Varsavia è stimato a Bruxelles; nel recente passato ha ricoperto ruoli di rilievo all’interno delle istituzioni Ue ed è stato anche presidente del Consiglio europeo.
Non ha avuto bisogno di molto tempo per ottenere la fiducia dell’Unione in qualità di nuovo primo ministro polacco. Ma prima ancora di tornare a svolgere questa mansione si era recato a Bruxelles per incontrare von der Leyen, fatto avvenuto poco dopo le elezioni. L’aveva fatto per illustrare alla presidente della Commissione il programma di riforme che aveva in mente al fine di porre rimedio ai guasti fatti in precedenza dal PiS e ripristinare rapporti reciproci di fiducia e collaborazione tra Varsavia e l’Ue.
Si era affrettato a rendere visita anche per propiziare lo sblocco dei fondi spettanti alla Polonia ma congelati per effetto delle politiche liberticide cui si è prima fatto cenno. In ballo c’erano infatti 137 miliardi di euro destinati al Pnrr e alla Coesione della nazione. Poi, da capo del governo, Tusk ha presentato una serie di riforme per accelerare i tempi dello sblocco dei medesimi.
Per la Commissione europea la Polonia non rappresenterebbe più un fattore di preoccupazione per la salute dello Stato di diritto, e sembra che il paese rientri nei progetti della von der Leyen che, come sappiamo, è aperta sostenitrice dell’aumento della spesa militare a livello comunitario. Si starebbe anche affezionando sempre più all’idea di una Commissione difesa all’interno dell’Ue; Commissione nella quale la Polonia, guarda un po’, potrebbe avere un ruolo centrale.
Del caso polacco si discuterà il 21 maggio al Consiglio Affari Generali. Però, insomma, possiamo dire che Varsavia è, di fatto, tornata nelle grazie di Bruxelles; non altrettanto può dirsi di Budapest, e ce n’è anche per Bratislava che con l’attuale governo Fico sta sollevando preoccupazioni per minacce allo Stato di diritto.
Avremo modo di occuparcene.
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