Da qualunque prospettiva la si guardi, Tomsk si distingue dalle città della Russia interna. Fondata nel 1604 agli albori della penetrazione russa della Siberia occidentale, con l’installazione qui di numerose strutture universitarie, la città è divenuta l’“Oxford della Siberia”. Ancora oggi una buona metà dei 600.000 abitanti è costituita da studenti e professionisti del settore educativo, il quale offre una formazione variegata, dalle scienze umane all’informatica.

LA FORZA accademica della città ne fa anche un polo d’attrazione per studenti provenienti da tutto il mondo, in particolare dall’“estero vicino” dell’Asia centrale ex-sovietica. La scorsa settimana si è qui svolta la conferenza sulla regione che ogni anno organizza il Valdai Discussion Club, struttura di diplomazia pubblica finanziata dal Cremlino. Mosca moltiplica gli sforzi di connessione con le élite centrasiatiche a seguito delle mosse di europei e statunitensi, preoccupati di come gli -stan siano divenuti corridoi per l’aggiramento delle sanzioni imposte all’economia russa.
A detta di tutti gli intervistati, formali e non, la vita lontano dal fronte continua a scorrere come prima del febbraio 2022, i negozi non presentano penurie, i ristoranti sono pieni, la vita culturale e gli spettacoli proseguono. Al pari degli europei, molti locali si attendevano un crollo dell’economia per effetto delle sanzioni e si dicono sorpresi di come tutto sia finora passato senza effetti.
A cercarla, l’inquietudine si può ritrovare fra gli studenti degli ultimi anni, i quali, ottenuto il diploma, potrebbero essere chiamati alle armi per le esigenze delle retrovie.

LA PRESENZA della guerra e dell’ipertrofia nazionalistica ad essa associata traspare invece dalle decorazioni stradali delle recenti celebrazioni del 9 maggio, giorno della Vittoria nella “grande guerra patriottica” 1941-45. In tale occasione, su una delle piazze centrali sono stati installati dei grossi pannelli illustrati Geroi i podvigi (eroi ed imprese), in cui ai volti di decorati della guerra mondiale sono affiancati quelli dei caduti del conflitto in corso. In questo modo viene suggerita una continuità tra la resistenza all’aggressione nazista e l’“operazione speciale” con le connesse idee di un accerchiamento costante della Russia da parte di vicini aggressivi, sempre pronti a sopraffarla. A proposito della memoria bellica, proprio a Tomsk è stato lanciato nel 2012 l’azione pubblica “Reggimento immortale”, in cui i parenti di soldati caduti sfilano il 9 maggio con i ritratti dei loro cari scomparsi.

Tomsk si erge quale capitale culturale della Siberia anche per un patrimonio museale variegato e moderno. Fra i numerosi musei spicca il Memoriale della storia delle repressioni politiche, sito nell’edificio che negli anni 30 fu usato come prigione dal Nkvd (il predecessore del Kgb). Uno dei paradossi della Russia di Putin è come vengano allo stesso tempo esaltate le memorie della potenza sovietica e delle sofferenze inflitte ai cittadini da tale potere durante la fase di assestamento susseguita alla Nep. Al complesso concentrazionario sono stati dedicati diversi musei, in primis il Museo di storia dei Gulag di Mosca, realizzato con consistenti risorse, per ricreare le tremende condizioni di vita dei milioni di detenuti sovietici.

TOMSK È STATA tuttavia la capofila di tale movimento sin dal 1989 su impulso della locale sezione di Memorial, l’associazione creata dal fisico A. Sacharov per denunciare i crimini del regime sovietico. Nonostante dallo scorso anno, lo Stato impedisca a Memorial di svolgere attività ufficiali qualificandolo quale «agente straniero», il museo di Tomsk è stato rinnovato ed ampliato e presenta oggi vividissime tecniche audiovisive ed interattive – passando attraverso le celle ricostruite nel seminterrato, appaiono i volti e le routine delle vittime – atte a trasmettere efficacemente le sofferenze inflitte ai “nemici del popolo”.

SECONDO IL DIRETTORE del museo (e dell’ufficialmente inesistente locale sezione di Memorial), Vasilij Khanevic’, l’odierno potere russo supera la sua apparente schizofrenia riguardo al trattamento del passato sovietico mantenendo la piena supervisione finale sui processi della gestione della memoria, da cui la decisione di proibire le attività di Memorial, irriducibili in tale quadro organizzativo.
Rimane che le attività del museo e le discussioni aperte che vi si fanno, in cui le repressioni del passato sono collegate apertamente a quelle dei giorni nostri, testimoniano della complessità della Russia di Putin, sistema dove tratti illiberali convivono con spazi di dissenso dalla linea ufficiale.