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La nuova società dell’isola

Alcune delle giovani partecipanti al progetto «Sardegna per il Mediterraneo» foto di FormedAlcune delle giovani partecipanti al progetto «Sardegna per il Mediterraneo» – foto di Formed

La cooperazione tra atenei sardi e nordafricani nelle storie di 250 giovani che hanno completato qui la loro formazione e cambiato il proprio destino. "Sardegna per il Mediterraneo" e oltre

Pubblicato 3 mesi faEdizione del 29 giugno 2024

Oumaima Lahmar si è laureata nel settembre del 2019 in Economia all’università di Tunisi, 110 e lode. A Cagliari ha preso la magistrale in Economia manageriale. Ora fa un dottorato a Bergamo, ma in Sardegna viene spesso. «Qui ho tanti amici – dice – e prima o poi vorrei tornare stabilmente, magari chiuso il dottorato a Bergamo, se all’università di Cagliari si aprono possibilità». Oumaima nell’isola si sente a casa: «Torno in Tunisia per vedere i miei genitori. Non di più. Il mio futuro non lo vedo lì. Troppo difficile, troppo complicato. In Italia è diverso, è meglio».

OUMAIMA È ARRIVATA A CAGLIARI grazie al progetto Sardegna per il Mediterraneo, nato nel 2015 per promuovere la cooperazione internazionale tra le due università sarde (Cagliari e Sassari) e tre atenei del Nord Africa: Algeri, Tunisi e Rabat.

«Obiettivo generale di Sardegna per il Mediterraneo – sta scritto nello statuto – è quello di sviluppare eccellenze nel settore della formazione superiore, migliorare il riconoscimento degli studi e delle qualifiche universitarie, formare giovani altamente qualificati, capaci di rispondere alle sfide della globalizzazione e della nuova società della conoscenza».

La Fondazione di Sardegna – emanazione del gruppo bancario Bper – finanzia per 750 mila euro all’anno borse di studio che permettono a studenti che arrivano da Tunisia, Algeria e Marocco di fare studi universitari di secondo ciclo – le lauree magistrali – nei due atenei sardi. Le università di Cagliari e di Sassari contribuiscono al progetto con l’esonero completo dal pagamento delle tasse e garantendo alle ragazze e ai ragazzi nordafricani, che vengono tutti da famiglie a basso reddito, l’accesso ai servizi di accoglienza riservati di norma agli studenti stranieri in mobilità (il visto d’ingresso in Italia, la richiesta del permesso di soggiorno, l’assistenza nel reperimento di un’abitazione, l’accesso alle mense, la cura della preparazione linguistica in italiano). Collabora all’iniziativa Unimed, associazione di atenei appartenenti ai paesi che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, che cura i rapporti di cooperazione con le università nordafricane e gestisce con loro le procedure di selezione degli studenti beneficiari.

Parliamo con Oumaima in una piccola stanza degli uffici del rettorato in via Santa Margherita. Con lei incontriamo anche un’altra ventenne, Kaoutar Siraj, che viene dal Marocco, si è laureata in Scienze politiche a Rabat e in Sardegna ha conseguito la magistrale in Relazioni internazionali.

Alcune delle giovani partecipanti al progetto «Sardegna per il Mediterraneo» foto di Formed
Alcune delle giovani partecipanti al progetto «Sardegna per il Mediterraneo» foto di Formed

«ALL’INIZIO qui non è stato semplice – racconta – C’era soprattutto il problema della lingua. Ma Ihab mi ha aiutato». Ihab è Ihab Rizk Soliman, che per l’università di Cagliari lavora come mediatore culturale e che segue gli studenti del progetto Sardegna per il Mediterraneo nei loro percorsi di integrazione ormai da quasi dieci anni, giorno dopo giorno. C’è anche lui nella stanzetta del rettorato. «Non è sempre facile il mio lavoro – racconta – anche se devo dire che mai ci siamo trovati davanti a ostacoli davvero insuperabili. A Cagliari, nel contesto più vasto della città come all’università, i nostri studenti si sono inseriti tutti molto bene». Ha sempre funzionato, spiega Ihab, uno scambio reciproco tra culture differenti, quella di chi accoglieva e quelle di chi veniva accolto. Dialogo e apertura. In maniera diversa, lo stesso Ihab ha fatto un percorso simile ai ragazzi con i quali ora lavora. È egiziano. È arrivato dal Cairo a Cagliari con una laurea in Ingegneria agraria. Ha lavorato per un primo periodo come cameriere. Poi una laurea in Relazioni internazionali e il lavoro da mediatore culturale per l’università.

L’IDEA di Sardegna per il Mediterraneo è di Carlo Salis, presidente dell’Associazione per la cooperazione culturale in Sardegna (Accus). Ha convinto la Fondazione di Sardegna a finanziare il progetto, che oggi è una realtà consolidata, con circa 250 ragazze e ragazzi che grazie alle borse di studio hanno potuto completare in Sardegna la loro formazione universitaria. Il passo ulteriore, a cui sia Accus sia le due università sarde guardano come sviluppo coerente del progetto, è aprire un canale di mobilità degli studenti dall’Italia verso le università nordafricane. Occorrono risorse finanziarie in aggiunta a quelle messe a disposizione dalla Fondazione di Sardegna. A dare una mano potrebbe essere la Regione Sardegna, con un programma di collaborazione internazionale che sarebbe un modo per rendere concreta la vocazione di apertura e collaborazione con la sponda sud del Mediterraneo che l’isola, per storia e cultura, ha sempre sentito come propria.

E sarebbe anche un modo per indicare un’alternativa alle logiche di divisione e di guerra che invece, dal Nord Africa e dal Medio Oriente sino all’Europa dell’Est, destabilizzano il quadro internazionale. Un’alternativa già lucidamente delineata nel 1991, subito dopo la caduta del Muro di Berlino, da Franco Rizzi. Ordinario sino alla sua morte (nel 2007) di Storia dell’Europa e del Mediterraneo all’università di Roma Tre, Rizzi è il fondatore di Unimed, nata per promuovere la cooperazione scientifica e culturale nell’area euro-mediterranea e per sviluppare nei fatti uno spirito di pace. A questa intuizione, oggi più che mai valida, si richiama il progetto attivo dal 2015 a Cagliari e a Sassari.

SARDEGNA PER IL MEDITERRANEO l’impegno per la pace ce l’ha dunque nel dna. Tanto che da Tunisia, Algeria e Marocco l’iniziativa si è allargata ad altre aree in cui le guerre causano, insieme a morte e devastazione, massicci spostamenti di profughi. È di questi giorni l’apertura del progetto a due aree di crisi acuta, Libia e Siria. Ma zone dove brucia il fuoco della guerra sono già coinvolte da tempo.

Da un campo per rifugiati in Uganda viene ad esempio un altro dei ragazzi che incontriamo a Cagliari: Innocent Rugamba. È cittadino della Repubblica democratica del Congo. Con la sua famiglia ha dovuto riparare in Uganda per sfuggire alle violenze degli scontri tra l’esercito congolese e il gruppo M23. La maggior parte degli sfollati non ha alcun accesso a cibo, acqua potabile e assistenza sanitaria. Innocent, scelto dai selezionatori di Unimed, a Cagliari studia Relazioni internazionali.
«Che cosa farò dopo la laurea? Non so rispondere – dice – Nel mio paese la situazione è drammatica». Innocent vive in Sardegna, un presente dal quale la guerra è stata cancellata. Vorrebbe che così fosse anche per il suo futuro.

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