Una nuova pandemia silenziosa ma assai grave, capace di colpire soprattutto tra i bassi redditi e i soggetti sociali più deboli, in particolare il sud. Non sarà scatenata da un virus ma dalla ingloriosa sepoltura dell’art 32 che, destra e sinistra si stanno preparando a consumare non avendo, come dimostra la campagna elettorale, nessuna idea su come risolvere il problema della sostenibilità finanziaria della sanità pubblica.

La storia si ripete: per problemi di sostenibilità mezzo secolo fa crollò il sistema mutualistico facendo nascere l’attuale servizio sanitario nazionale (Ssn) che però, dati alla mano, ha finito piano piano nel tempo, a causa di politiche sbagliate, con l’aggravare il problema della sostenibilità.

Con la riforma del ’78 si tentò la strada della salute come valore primario, della sanità organizzata per territori (Usl), si arruolò nella pubblica amministrazione un esercito di operatori, si rilanciò il sistema ospedaliero e nello stesso tempo attraverso i medici di medicina generale, si organizzò l’assistenza di base cioè le cure primarie.

Ma nonostante tutto questo la spesa sanitaria anziché diminuire crebbe e continuò a crescere negli anni. Il problema della sostenibilità diventò così pesante da indurre la sinistra di governo del tempo (anni ’90) prima ad aziendalizzare le Usl e gli ospedali nella speranza di contenerne i costi(L. 502), poi con Bindi ad aprire le porte alla privatizzazione (intra-moenia e sanità sostitutiva) nella speranza di scaricare una parte della spesa pubblica sui redditi delle persone (assicurazioni e mutue: L. 229).

Poi fu il turno di Monti. Facendo ricorso ai tagli lineari massacrò i servizi, in particolare gli ospedali riducendo la sanità pubblica all’indigenza (ancora oggi esistono i tetti di spesa che impediscono alle regioni di assumere gli operatori). E infine Renzi con il suo famoso “definanziamento progressivo” che con il jobs act oppose contro il servizio pubblico il welfare on demand (aziendale)
In questo drammatico percorso politico, fatto in nome della sostenibilità, bisogna ricordare D’Alema che con la controriforma del TitoloV spianava, già nel 2001, la strada alla destrutturazione del servizio nazionale: oggi si chiama regionalismo differenziato, sostenuto dal centro destra e dal Pd.

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Quando arriva la pandemia che disvela le falle del sistema pubblico, in due anni i costi salgono del 3%. Mentre Draghi sosteneva che per spendere bene bisognava riformare, con la proposta di Pnrr di Speranza ogni riforma è negata fino a utilizzare 20 mld senza risolvere una sola delle grandi contraddizioni strutturali e funzionali della sanità pubblica. Anzi esasperando in sommo grado proprio la questione della sostenibilità. Infine arriva l’inflazione, la crisi del gas, la recessione incipiente, la guerra.
A questo punto la questione della sostenibilità diventa talmente una questione irrisolvibile da porre la tremenda questione se non si debba o no abolire l’art 32 e ritornare a come si era prima della riforma del ’78. Cioè al far west.

In campagna elettorale nessuno dei partiti ha osato porre onestamente questo problema. Il Pd, come abbiamo già scritto, ha negato la questione (Agorà 8 giugno 2022), e insieme a tutti gli altri partiti chiede semplicemente più soldi ma senza dire mai come intende risolvere la questione della sostenibilità.

Fa eccezione Renzi che a contraddizioni invarianti, per finanziare la sanità pubblica propone di chiedere al Mes un prestito (37 mld) quindi di aggiungere al problema sempre più pesante degli scostamenti quello di un ulteriore indebitamento. Indebitarsi per garantire il processo di privatizzazione in essere. E’ chiaro che così come stanno le cose, e come dimostra la politica sanitaria di Moratti in Lombardia, gran parte dei soldi andranno al privato.

Nel caso dovesse vincere la coalizione di centro destra il vero guaio per la sanità pubblica non è solo il morboso desiderio della Lega di far saltare il servizio sanitario nazionale o quello del Pd di privatizzare ancora di più il sistema, ma la più totale assenza di pensiero e di progetto nei confronti della sostenibilità.

È evidente che per vincere questa sfida e per non cancellare l’art 32 ci vorrebbe un progetto di riforma che nessuno ha. Ne a destra ne a sinistra. Nessuno ha proposto una “quarta riforma” che permetta ai diritti e all’economia di essere “compossibili” non “compatibili”.

La soluzione per salvare l’art 32 quindi ci sarebbe. Non è vero come ha sempre detto il Pd che la sanità è per forza insostenibile (non si può dare tutto a tutti). Credo che in questa complessa congiuntura politica e finanziaria, con il regionalismo differenziato e con i processi di privatizzazione innescati, per il diritto alla salute non ci sarà futuro. Avremo presto una nuova pandemia “bianca”.