Era ancora prima mattina a Mosca quando Xi Jinping è salito sul velivolo Air China pronto a riportarlo a Pechino. Non prima di aver ascoltato la guardia d’onore suonare gli inni di Repubblica popolare cinese e Federazione russa.

Proprio ieri era il decimo anniversario del suo primo incontro con Vladimir Putin in qualità di presidente. Un decennio in cui è cambiato tutto, comprese le formule con cui è stata accompagnata l’onnipresente definizione di «amici»: dal «buoni» del 2013 al «cari» del 2023, passando per «senza limiti» a «duraturi».

MA DA QUESTA tre giorni di visita di stato si è innanzitutto confermato lo status quo. Xi e Putin lanciano la partnership nella «nuova era», ma nel documento congiunto le novità sostanziali sono poche. Quelle più significative, internazionalizzazione dello yuan e azione congiunta sull’Artico, restano appena accennate: più una lista di obiettivi che programmi concreti.

Così come resta appena accennata la possibilità di una pax sinica. Putin ha dato un appoggio generico a un documento altrettanto generico, in attesa di capire se arriveranno aperture dall’Ucraina. Ieri, il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha sottolineato che i due leader non hanno discusso del «piano di pace ucraino. C’è stato solo uno scambio di opinioni sulle clausole del piano cinese».

SALE DUNQUE l’attesa per la telefonata tra Xi e Volodymyr Zelensky. Era difficile aspettarsi potesse avvenire già ieri, in una giornata iniziata dal leader cinese nella capitale russa. La finestra di opportunità si apre da oggi. A Pechino converrebbe un contatto il prima possibile, per alimentare le speranze di chi crede che il viaggio a Mosca possa essere servito ad alzare la pressione su Putin.

Più semplice che la telefonata con Zelensky serva soprattutto a stabilire un primo contatto ufficiale e a mostrare al mondo che la Cina ha quantomeno provato a giocare un ruolo più attivo per favorire una soluzione politica. Molto più difficile che Xi si avventuri in proposte concrete.

L’incontro Xi-Putin su un quotidiano cinese (foto Ap)

Prevedibile che torni a essere posta enfasi sul concetto di integrità territoriale, che nei documenti sinorussi è rimasto implicito, al contrario delle «legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi», principio caro a Mosca.

Ancora ieri, comunque, il ministero degli esteri cinese non ha confermato la telefonata. Pechino ha d’altronde vissuto come un potenziale ostacolo la visita a sorpresa di Fumio Kishida a Kiev e Bucha, a cui la Russia ha risposto dispiegando due bombardieri sul mar del Giappone.

UN POSSIBILE SEGNALE di senso opposto arriva invece da Antony Blinken, che ha chiarito: la Cina «non ha ancora oltrepassato il limite sull’invio di armi letali alla Russia». Dopo le ipotesi avanzate ciclicamente nelle scorse settimane, potrebbe essere una timida apertura per validare almeno parzialmente il tentativo cinese. Gli Stati uniti non lo faranno a livello ufficiale, anzi continuano a ribadire che la Cina «non è imparziale». Ma potrebbero limitarsi a offuscare la manovra di Xi e la telefonata con Zelensky, senza provare a impedirla.

In ogni caso, l’esercizio che attende Xi è molto complicato. Di certo Putin avrà chiesto qualche rassicurazione e Pechino non potrà sposare le posizioni ucraine. E viceversa. Zhou Bo, colonnello in pensione dell’Esercito popolare di liberazione, ha spiegato bene al Time la visione cinese sulla guerra: «La Cina non è stata informata e non è stata coinvolta, ma ora la gente vuole semplicemente che la Cina sia coinvolta e si schieri».

La sfida di Xi è uscire dal guscio, o come dice Zhou «entrare nell’oceano», rischiando però di trovare acque più tempestose di quelle navigate sinora dal nuovo timoniere.

I MARI ORIENTALI restano comunque agitati. Mentre Pechino ha avviato sostanziose esercitazioni congiunte con la Cambogia, gli Stati uniti provano a estendere le partnership di sicurezza asiatiche. È atteso in questi giorni l’arrivo di circa 50 grandi aziende americane in Vietnam. Presenti colossi tecnologici, farmaceutici e digitali come SpaceX e Netflix.

Ma nella lista sono inclusi anche giganti della difesa come Boeing, Lockheed Martin e Bell. In programma incontri con le aziende statali vietnamite che si occupano di approvvigionamento della difesa, sostiene la Reuters. Evento non usuale, che potrebbe portare alla vendita di elicotteri e droni militari. Hanoi ha visto diminuire le spedizioni dello storico partner russo, impegnato nella guerra in Ucraina.

Washington prova a riempire il vuoto, creando un inedito ponte con un altro paese che ha dispute territoriali con Pechino. Tendenza sempre più frequente: stando a US News, negli scontri al confine conteso dello scorso dicembre, l’India avrebbe usato informazioni satellitari condivise in tempo reale dagli Usa per avvantaggiarsi sull’esercito cinese.