L’ultima voce che ne chiede l’esclusione dalla Coppa del Mondo arriva dallo Shakthar Donetsk, il club ucraino costretto a giocare la Champions League lontano dall’Ucraina a causa dell’invasione russa. Manca meno di un mese al via dei controversi – e troppo poco discussi in questi mesi, per diversi motivi – Mondiali di calcio in Qatar e la questione sull’esclusione della nazionale iraniana dalla competizione iridata è decisamente attuale.

Nei giorni scorsi un gruppo di legali iraniani ha fortemente protestato in seguito alla violenta repressione popolare successiva alla morte di Masha Amini, la 22enne curda arrestata dalla polizia per non aver indossato correttamente il velo imposto a tutte le donne dalla Repubblica Islamica d’Iran e poi deceduta per i traumi subiti e poi di Hadis Najafi, che ha perduto la vita perché protestava per la morte di Amini, annodando una coda di cavallo.

Così, il calcio si è unito al coro di dissenso, di protesta che sta ancora investendo il paese e che ha determinato centinaia di morti, a causa delle repressioni delle forze dell’ordine.

UN GRUPPO DI CALCIATORI dell’Iran, assieme ad altre personalità sportive nazionali, ha così inviato una lettera alla Fifa per chiedere formalmente l’esclusione della nazionale dalla Coppa del Mondo, che si trova nel gruppo B, assieme a Inghilterra, Stati uniti e Galles. «La neutralità da parte della Fifa non è un’opzione», ha spiegato il gruppo nel testo alla Fifa, sottolineando anche un’altra situazione che mette a rischio l’Iran, ovvero il reiterato divieto da parte del governo iraniano di permettere alle donne l’ingresso negli stadi.

Non è un dettaglio, anzi. Il divieto vigente rappresenta una violazione palese dei regolamenti – articolo 19 dello statuto – imposti dalla Fifa.
Nella lettera degli atleti iraniani in cui viene denunciato l’impedimento sistematico agli spalti per le donne, emerge anche la totale dipendenza della Federcalcio iraniana dalle decisioni del potere di Teheran. Tutt’altro che un’organizzazione indipendente o libera da qualsiasi forma di influenza. E non è stato accertato sinora se tra i firmatari della lettera alla Fifa si sia segnalato anche Sardar Azmoun, 27enne attaccante iraniano che gioca nel Bayer Leverkusen.

Figlio di un ex nazionale di pallavolo, di origini turkmene, Azmoun si è sempre impegnato nella difesa del proprio popolo e in questo caso, via Instagram – dove conta oltre cinque milioni di follower – a difendere le donne a spada tratta. Una posizione pubblica contro il governo di Teheran, un post che ha fatto immediatamente il giro del mondo. E che ha provocato una spaccatura anche tra i potenziali candidati per i Mondiali.

Una parte degli atleti si è infatti schierata con Azmoun. Nell’ultima amichevole pre Mondiali dell’Iran, contro il Senegal a fine settembre, i calciatori hanno indossato dei giubbotti neri durante l’esecuzione dell’inno nazionale, per coprire le insegne della bandiera della Repubblica islamica .

E IN ATTESA DI UNA DECISIONE – complicata – da parte della Fifa, con la Coppa del Mondo praticamente alle porte, il tentativo del regime di Teheran di sopprimere le voci degli sportivi a favore delle donne ha toccato anche la leggenda del calcio iraniano, cioè Ali Daei, il primo iraniano a giocare nel calcio europeo che conta (Bayern Monaco, Arminia Bielefeld, Hertha Berlino), 109 gol in 149 presenze in nazionale, sorpassato nella classifica dei marcatori di sempre con le nazionali solo da Cristiano Ronaldo, un anno fa.
Ali Daei è sceso in campo per la libertà delle donne, compresa la libertà di frequentare gli stadi di calcio e si è visto sequestrare il passaporto.