Dopo l’aumento di capitale deliberato dagli azionisti lunedì e il via libera della Commissione Ue incassato martedì, il governo Scholz conclude la nazionalizzazione di Uniper annunciata lo scorso 20 settembre. Lo hanno confermato ieri il ministro dell’Economia, Robert Habeck (Verdi), e il ministro delle Finanze, Christian Lindner (Fdp), ratificando insieme il passaggio allo Stato del maggiore importatore di energia finito sull’orlo del default dopo l’embargo a Gazprom. «La partecipazione pubblica è necessaria per continuare a garantire le forniture energetiche alla Germania» è la spiegazione nella nota congiunta sull’acquisizione dell’impresa che fino a ieri era controllata dal colosso energetico Fortum di proprietà del governo finlandese.

Allo Stato andrà il 99% delle azioni di Uniper e secondo Bruxelles la nazionalizzazione corrisponde a un «piano di salvataggio» perfettamente in linea con la normativa Ue sugli aiuti pubblici. Da qui la luce verde della Commissione al passaggio di proprietà, con il governo Scholz pronto a rilevare il capitale in due mosse: prima acquisirà il 93% delle quote pagando 1,7 euro per azione, poi rileverà il restante 6% da Fortum al medesimo prezzo. Costo totale dell’operazione: 8 miliardi di euro.

Prima della nazionalizzazione di Uniper, oltre a deliberare l’aumento di capitale, l’assemblea straordinaria dei soci ha predisposto la creazione di un mega-fondo di 25 miliardi di euro per coprire i «requisiti patrimoniali attuali e futuri». Dopo gli scossoni del mercato energetico registrati in autunno, la parola d’ordine di Berlino è solidità, almeno fino alla fine dell’inverno. Così la Germania entra in possesso della società-chiave per l’approvvigionamento energetico nazionale dopo mesi di trattative davanti e dietro le quinte con il governo guidato da Sanna Marin.

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Quando lo scorso 28 aprile Uniper aveva annunciato di aver ceduto alla richiesta di Mosca di pagare il gas in rubli (in violazione delle sanzioni Ue) il governo Scholz ha subito avviato il negoziato con Fortum proponendo ai finlandesi di salvare Uniper con 15 miliardi. In sostanza, Berlino accettava di sborsare 267 milioni di euro per una quota dell’impresa coprendo anche il rifinanziamento pari a 7,7 miliardi. In questo modo il governo tedesco avrebbe acquisito il 30% mentre la partecipazione di Fortum (ovvero la presenza del governo finlandese) si sarebbe ridotta al 56%.

All’epoca bastò la notizia della trattativa per innescare la caduta del titolo Uniper in Borsa e la parallela impennata del prezzo delle azioni Fortum, con conseguente sospensione delle negoziazioni. Tytti Tuppurainen, ministro finlandese della Proprietà, si spinse a dichiarare che Helsinki «mai avrebbe approvato la statalizzazione in assenza di adeguati compensi».

Eppure c’era poco da compensare: sul bilancio dei primi tre trimestri del 2022 di Uniper spicca la mostruosa perdita di 40 miliardi di euro, di cui metà provocati dall’interruzione forzata del gasdotto Nordstream-2. Performance disastrosa per l’ex impresa-gioiello creata dalla tedesca E.on a cavallo del 2015-2016 con 14 mila dipendenti rilevata da Fortum nel 2108.
Tuttavia, nonostante il deficit, con 34 Gigawatt di capacità di generazione Uniper è ancora fra i maggiori produttori europei di energia elettrica. La differenza è che d’ora in poi sarà il governo tedesco a gestire le transazioni di gas, petrolio e carbone.