Se è vero che la Nato non coincide ed è più vasta dell’Europa, intesa come Unione europea, è anche vero che è difficile vedere una cesura netta nell’azione intrapresa tra le due istituzioni in merito al sostegno all’Ucraina. Bruxelles – intesa come Ue – propone aiuti militari a Kiev e autonomia della propria difesa in risposta al possibile disimpegno Usa. E Bruxelles – intesa come Alleanza Atlantica – risponde lanciando un fondo da 100 miliardi di euro per gli aiuti all’Ucraina pensato per oltrepassare la presidenza Biden e puntellare eventuali tentennamenti di un futuro nuovo inquilino della Casa Bianca.

Senza soluzione di continuità, tanto che sarebbe difficile dire dove comincia l’iniziativa del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg e dove finiscono le suggestioni belliche di Macron, Von der Leyen, Michel e di altri leader Ue.

OGGI L’ALLEANZA ATLANTICA celebre i suoi 75 anni, dato che fu istituita a Washington il 4 aprile 1949. Un’età ragguardevole, se solo si pensa allo «stato di morte celebrale» che le fu attribuito alla fine del 2019 dal presidente francese Emmanuel Macron e da cui si è ripresa con un improvviso ritorno di giovinezza in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Il palazzo vetrato nella periferia nord-est della capitale belga ospita in questi giorni il vertice dei ministri degli esteri dei suoi membri, compresa per la prima volta la Svezia, trentaduesimo componente dell’organizzazione, arrivato poco dopo la vicina Finlandia.

Anticipata sulle colonne del Financial Times, la principale novità consiste nella proposta avanzata da Stoltenberg di un fondo di contributi da parte dei paesi alleati. Valore: 100 miliardi di dollari spalmati su cinque anni. Quanto ai dettagli, la discussione è in corso, ma l’intenzione che trapela è quella di varare lo stanziamento nel momento in cui i capi di Stato e di governo si incontreranno al per il summit dell’Alleanza in programma il prossimo luglio a Washington.

La redazione consiglia:
Le democrazie si perdono nella spirale di guerra

Di sicuro, come hanno confidato fonti diplomatiche all’agenzia stampa Reuters, il pacchetto di aiuti militari è pensato per mettere al riparo dai venti di cambiamento politico (leggi: in caso di elezione di Donald Trump il prossimo novembre). Spiccano però due diversi distinguo: quello filoputiniano dell’Ungheria («no a proposte che avvicinano la guerra») e quello ben ponderato del Belgio, che sul fondo invita alla cautela: «Attenti a promesse che non si possono mantenere».

LA QUESTIONE DELLE RISORSE da spendere in armamenti e in aiuti militari a Kiev, ripetutamente chiesti dal presidente ucraino Zelensky, riguarda sia la Nato che l’Ue. Più volte i componenti dell’Alleanza atlantica sono stati invitati a portare il proprio contributo al 2% del pil per la difesa, una raccomandazione di spesa non vincolante, che due terzi dei membri infatti non rispetta. Da parte sua l’Ue sta mettendo in campo un fondo per futuri acquisti comuni di armamenti (1,5 miliardi entro il 2027), discute di emissioni di eurobond ad hoc e della destinazione in armamenti a Kiev di circa 3 miliardi l’anno di extraprofitti degli asset russi congelati in Ue.

Operazioni finanziarie di grande portata, che prevedono anche un sensibile cambio di destinazione in chiave bellica della Banca europea degli investimenti (Bei), accompagnati dalle parole del presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che in un recente articolo ha rispolverato il motto latino: «Se vuoi la pace, prepara la guerra».

CONDIVIDE STOLTENBERG, che a margine del vertice ministeriale di Bruxelles ieri ha affermato: «La realtà è che se si vuole che questa guerra finisca, prima riusciamo a convincere Mosca che non vincerà sul campo di battaglia, prima potremo raggiungere un accordo di pace in cui la Russia si siede a negoziare un accordo in cui l’Ucraina prevalga come nazione sovrana e indipendente». È per questo, ha continuato il segretario generale dell’Alleanza che «un ruolo più forte della Nato nel coordinare e fornire supporto a Kiev è un modo per porre fine a questa guerra in modo che l’Ucraina prevalga».

Durante la conferenza stampa finale della giornata di ieri, Soltenberg sottolinea come la Nato «è e rimarrà un’alleanza difensiva e non parte contendente nel conflitto». Correlato di quanto il Segretario generale non aveva mancato di ricordare poco prima, ovvero che quello della Nato per Kiev è un impegno lungo termine. «Dobbiamo restare fermi nel nostro sostegno», aveva concluso Stoltenberg.