Economia

La manovra è a secco, ma i soldi si trovano per il Ponte sullo Stretto

La manovra è a secco, ma i soldi si trovano per il Ponte sullo StrettoIl ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti – LaPresse

Legge di bilancio L’annuncio del vice-premier leghista Matteo Salvini: «Fondi in più anni per l’infrastruttura sullo Stretto» L’esecutivo oggi vara la Nadef, taglia la crescita e aumenta il deficit. Il Pil è dato in calo all’0,8%, mentre l’Eurostat ha rivisto le stime sul «Superbonus»

Pubblicato circa un anno faEdizione del 27 settembre 2023

Dodici miliardi di euro assicurati alla costruzione del Ponte di Messina per i prossimi 15 anni, tagli alla spesa dei ministeri, carenza di risorse che mettono a rischio il progetto del governo Meloni di rifinanziare integralmente il taglio del cuneo fiscale. Sarà difficile rispondere anche alle richieste di garantire le risorse alla sanità (un’integrazione di 4 miliardi) oppure a quelle del rinnovo dei contratti nel pubblico impiego.

È IN QUESTA CORNICE che oggi la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (Nadef), primo passo per la definizione della legge di bilancio, arrivain consiglio dei ministri. Sospesa tra le velleità di Matteo Salvini sulla più delirante delle grandi opere (entro l’estate 2024 sorgeranno i cantieri sulle due sponde dello Stretto, ha promesso ieri il vice-premier leghista) e il timoroso realismo dei conti del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti, il tunnel della manovra sarà lungo da percorrere da oggi a fine anno.

LA «PRUDENZA» evocata a gran voce dal ministero dell’Economia è giustificata dal fatto che le ipotesi della Nadef si sciolgono come neve al sole nel confronto con la Commissione Europea. Avverrà durante il prossimo mese. Il nervosismo dei massimi esponenti dell’esecutivo (Meloni, Salvini e Tajani) rispetto al Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni ha già tradito qualche tensione che potrebbe acuirsi in queste prime settimane di campagna per le Europee del 2024.

IN ATTESA del banco di prova, le difficoltà del governo si vedono dai «numeretti», così li ha chiamati di recente Giorgetti, discussi ieri in un pre-consiglio dei ministri. Il governo potrebbe fissare un Prodotto interno lordo (Pil) in crescita solo dello 0,8%, rivedendo al ribasso il +1% indicato ad aprile nel Documento di Economia e finanza (Def). Per il 2024 il dato tendenziale, in base al quale stima quello programmatico, si aggirerebbe intorno all’1% dall’1,4% stimato in precedenza.

SUL RAPPORTO tra il deficit e il Pil si sta molto speculando. L’orientamento sarebbe quello di aumentarlo il dato tendenziale fino al 3,8% (dal 3,5%) e quello programmatico fino al 4,3% (dal 3,7%). Questa modifica, nelle intenzioni del governo, potrebbe permettere di trovare circa 8-10 miliardi soprattutto per le misure per la «natalità» e il taglio del cuneo fiscale, presentato come una misura in favore dei redditi medio-bassi, in realtà insufficiente anche per recuperare l’inflazione o i mancati aumenti strutturali dei salari.

L’AUMENTO del deficit andrà verificato da Bruxelles. Nl frattempo sembra venire a mancare il «tesoretto» di cui di solito si parla in queste occasioni. E si cerca di raccogliere briciole con sanatorie su scontrini e condoni edilizi (quest’ultimo evocato da Salvini) , dalla tassa sugli extraprofitti delle banche, sui giochi del Lotto, dai tagli alle inscalfibili «detrazioni», dalla «spending review» dei ministeri di cui si sarebbe parlato ieri nel pre-consiglio dei ministri. Ai blocchi di partenza sarebbero necessari 20 miliardi che potrebbero arrivare a 22-23.

SI NAVIGA A VISTA sul rapporto tra il debito pubblico e il Pil. Giorgetti ha messo le mani avanti quando ha detto che la spesa per interessi indotta dalla politica monetaria della Bce avrebbe sottratto al bilancio «15 miliardi di euro». È una delle contraddizioni in cui si troverà un paese con un alto debito come l’Italia che, in queste condizioni, deve comunque ridurlo. Ad aprile il Def prevedeva un debito al 142,1% del Pil nel 2023 al 141,4% nel 2024.

UN ALTRO INCIAMPO per il governo è il Superbonus. Ieri l’Eurostat ha confermato che i crediti vadano registrati nei conti pubblici del 2023. Il deficit passerebbe dal 4,5% a oltre il 5%. Per il governo è un aiuto perché il patto di stabilità è sospeso quest’anno. Il problema si presenterà l’anno prossimo. L’impatto dovrà essere ancora studiato. Un’altra incognita sui conti.

LO SCENARIO è la crescita anemica e la dissimulata austerità di ritorno. È l’effetto del cambio del ciclo economico post-pandemia, pur in presenza di una crisi affrontata con la politica economica di sempre.

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