La lotta per salvare Šodroš
Serbia L’oasi naturale della città di Novi Sad è minacciata da costruttori e speculatori. Il 19 la protesta contro l’arresto degli attivisti che la vogliono proteggere
Serbia L’oasi naturale della città di Novi Sad è minacciata da costruttori e speculatori. Il 19 la protesta contro l’arresto degli attivisti che la vogliono proteggere
Con lo slogan «La Serbia è chiamata a ripulire Šodroš», il 19 ottobre una manifestazione si è opposta all’azione inattesa contro gli attivisti che si battono da anni contro il grande progetto immobiliare e di infrastrutture che sta per investire la città di Novi Sad in generale e in particolare l’oasi di Šodroš, parte della seconda città più importante della Serbia, dove un’ansa del Danubio diventa un luogo di straordinaria bellezza e un riparo per specie animali che nidificano nella zona.
L’area è stata riconosciuta come corridoio ecologico di importanza internazionale, habitat di oltre 200 specie protette. Da dieci anni si parla di istituire una riserva naturale, nel rispetto anche della Convenzione di Berna (della quale la Serbia è firmataria) per la conservazione della fauna selvatica. Si attende una risposta dalle autorità preposte a verificare il rispetto della Convenzione, ma per ora ancora nulla si è mosso.
INTANTO, ALL’ALBA del 18 ottobre, nel bosco sono arrivati gli operai della società cinese Crbc, appaltatrice della costruzione di un ponte presentato come “tangenziale” per alleggerire il traffico in città, ma in realtà – per gli attivisti e per i tecnici che hanno coinvolto nella loro lotta – non è così: non solo non risolverebbe il problema, ma l’urbanizzazione del cantiere è contraria al Piano urbanistico generale che regola questo genere di attività, e non esiste ad oggi un permesso di costruzione o una valutazione di impatto strategico per i lavori.
Al momento nessuno sa neanche quanto costeranno le infrastrutture che rischiano di pesare sui conti di una comunità che già vive una profonda crisi economica.
Neanche le promesse di posti di lavoro hanno convinto gli oppositori, perché le aziende coinvolte sono tutte straniere. Il ponte è solo una delle costruzioni previste da quello che, alla fine, sarà parte di un progetto che al posto del bosco avrà un’estremità del nuovo ponte e dove nell’area di un cantiere navale dismesso (acquistata dalla società immobiliare Galens), sorgerà un nuovo quartiere residenziale, “Novi Sad sull’acqua”.
PER DUE ANNI gli attivisti hanno tentato di instaurare un dialogo con le autorità, presentando studi tecnici sui rischi delle costruzioni sugli argini del fiume e proponendo alternative, ma non c’è mai stato alcunconfronto. Al punto che a luglio scorso – dopo un’azione di disboscamento illegale nella zona – l’amministrazione cittadina aveva utilizzato una compagnia di sicurezza privata per respingere e picchiare i manifestanti.
Dall’estate, gli attivisti presidiano giorno e notte la zona, con il Šodroš Survivor Kamp. Un presidio – campeggio che ha ospitato per tutta l’estate semplici cittadini che si danno il cambio per monitorare quello che accade nel bosco attorno al fiume e persone solidali con la loro lotta. E durante la manifestazione di ieri, come documentano le foto diffuse sui social network e sul magazine indipendente Mašina, erano tanti anche i pensionati giunti a solidarizzare con gli attivisti in difesa del polmone verde della città e di un luogo prezioso per la memoria collettiva di Novi Sad.
A CONVOCARE la manifestazione, molto partecipata, con tanti cittadini che hanno fronteggiato la polizia che proteggeva le barriere erette il giorno prima, l’Ekološki front Novi Sad, un’organizzazione ombrello di molte realtà della società civile che si battono contro i progetti che incombono su Novi Sad.
Uno di loro, Brajan Brkovic, solo pochi giorni prima dell’assalto al lungo fiume, raccontava come «a Novi Sad convergono da anni tante persone. Il fenomeno è comune a molte aree interne del paese, che si svuotano per migrazioni interne verso le città. Questo è accaduto senza nessuna strategia, senza nessuna programmazione, creando una situazione molto complicata per gli alloggi. Ma le costruzioni che sono pensate per la città non solo non risolvono il problema, perché avranno prezzi proibitivi per la gente comune, ma sono anche una devastazione naturale, perché distruggeranno per sempre un’area naturale protetta dalle convenzioni internazionali per l’ambiente e cancelleranno un luogo legato alla memoria collettiva di questa comunità».
BRAJAN è tra le dodici persone arrestate durante la manifestazione pacifica con la quale gli attivisti cercavano di fermare gli operai e i macchinari, mentre la polizia reagiva con la forza.
Un altro dei fermati è Radivoje Jovovic, presidente del Comitato cittadino di Novi Sad della coalizione Zajedno-Moramo: «Non c’era alcuna base legale per gli arresti – ha affermato -, ci trovavamo in uno spazio pubblico, non privato. Sono le aziende che al momento non hanno alcun permesso legale per lavorare in quest’area».
Per paradosso, infatti, sono stati proprio gli attivisti a chiamare la polizia, ottenendo in cambio di essere strattonati e arrestati, mentre veniva tirata su la recinzione del cantiere.
QUESTO ACCADE nella Serbia del premier Aleksandar Vucic, che non si è fermato davanti alla grande opposizione dei cittadini al progetto BelgradeWaterFront – che ha generato una grande speculazione edilizia nella capitale -, e che governa con il suo Partito progressista serbo tutte le città del paese. A Novi Sad il sindaco è Miloš Vucevic, ma il disprezzo per le ragioni dei cittadini e la trasparenza di queste operazioni immobiliari sono gli stessi.
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