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La lotta della Gkn è una lotta di tutti

La lotta della Gkn è una lotta di tuttiProtesta dei lavoratori Gkn – Aleandro Biagianti

Riconversione dal basso Per riconvertire occorre una governance che coinvolga direttamente i lavoratori, le organizzazioni di base del territorio, almeno a una parte delle autorità locali grazie e la mobilitazione di tutte le fabbriche della zona

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 17 agosto 2021

La mozione dei lavoratori della Gkn di Firenze approvata il 12.8 è un documento di estrema importanza almeno per due ragioni: innanzitutto, è un invito alla lotta rivolto a tutti: lavoratori e non. Insorgiamo! Una premessa ineludibile per cambiare i rapporti di forza nelle aziende e nei territori. L’obiettivo comune è quello di instaurare ovunque un clima diverso, in cui le ragioni di chi è oppresso e sfruttato ricevano non solo l’attenzione dovuta, ma siano fonte di legittimazione di ogni futura iniziativa. Com’era cinquant’anni fa. Per arrivarci non bisogna cedere; bisogna che la lotta si allarghi. Motivi di un allargamento non mancano, anche là dove non ci sono ancora rivendicazioni dettagliate.

Inoltre, seppure in maniera indiretta, quella mozione mette in discussione le prospettive di tutto il sistema produttivo a partire dal protagonismo dei lavoratori: non più come destinatari di decisioni altrui, ma come protagonisti. Il futuro impone una ristrutturazione radicale dell’apparato produttivo. Non un’opzione tra altre, ma una necessità inderogabile che non si può tuttavia definire senza coinvolgere direttamente gli artefici della produzione, le loro competenze, la loro esperienza, i loro bisogni, le loro aspirazioni. Le cose sono però tutt’altro che definite; sia per i lavoratori che hanno votato quel documento, sia per quei tecnici e quegli esperti – per ora pochi – che si cimentano con i problemi di quella riconversione imposta dalla crisi climatica e ambientale. Una cosa è certa: il mercato non è in grado di promuoverla né di governarla. Per la Gkn mercato significa ripresa della produzione interrotta (ma la Melrose, in base ai suoi calcoli, sembra preferire perdere la fabbrica insieme ai suoi operai piuttosto che cedere), oppure ingresso di un nuovo padrone. Per fare che cosa? La stessa produzione? Ma se Melrose sceglie di smobilitare, una ragione ci sarà.

La produzione della Gkn potrebbe forse avere uno sbocco diverso in prodotti più “ecologici” come l’auto elettrica. E’ il grande bluff dei finti ecologisti: tra pochi anni il degrado ambientale creerà ben altri problemi. Altro che sostituire con un’auto elettrica ogni auto termica in circolazione ora; meno che mai produrne ancora di più. D’altronde mancherebbero – anche se nessuno lo dice – le materie prime, terre rare e altri materiali, per equipaggiarle. Autobus e van per potenziare la mobilità condivisa? Certamente sì; ma per rendere praticabile questa alternativa ci vuole un progetto di conversione generale della mobilità; che non c’è. E i semiassi della Gkn sono solo una componente dei prodotti necessari a una simile svolta… Altri prodotti funzionali alla transizione ecologica, come pannelli solari, turbine eoliche, inverter, elettrolizzatori? In linea di principio, sarebbe la soluzione migliore: valorizzerebbe molte competenze acquisite in campo meccanico per prodotti di cui ci sarà grande richiesta. Ma chi lo farà? Il precedente dell’Elettrolux, citato dalla mozione insieme a molti altri esempi di riconversioni-truffa insegna che questa è una strada da non percorrere. Per riconvertire occorre una governance che coinvolga direttamente i lavoratori, le organizzazioni di base del territorio, almeno a una parte delle autorità locali e la mobilitazione di tutte le fabbriche della zona. Questa è la strada su cui si è messo il collettivo dei lavoratori della Gkn. Ma occorre anche ricostituire tutta la filiera, per lo meno a livello regionale, a partire da una conferenza di produzione in cui combinare i saperi di tecnici, maestranze, cittadini, attivisti. Un compito che spetterebbe ai sindacati.

Abbiamo oggi un esempio importante di promozione di una riconversione elaborata “dal basso” nella lotta dei lavoratori della centrale a carbone di Torre Valdaliga di Civitavecchia. L’Enel vorrebbe farne un impianto a gas (che prolungherebbe il ricorso ai fossili di almeno altri 40 anni, in violazione degli accordi di Parigi). I lavoratori, sostenuti da quasi tutte le associazioni e i sindacati locali, dalla Giunta comunale, dall’assessore regionale e persino dalla diocesi, vogliono invece una riconversione a energia rinnovabile – eolico off-shore e fotovoltaico – per la produzione di idrogeno. In questo caso la filiera è corta: vento e sole come gli input, energia elettrica, uguale a quella già in rete, l’output. Nel caso degli impianti di generazione da fonti rinnovabili, la filiera è più complessa, ma la domanda del prodotto finale e di prodotti intermedi c’è già. Invece, nel caso di una riconversione alla produzione di mezzi per una mobilità sostenibile la filiera va interamente ricostruita, coinvolgendo le tante imprese della “motorvalley” a rischio di estinzione. Questo rende una eventuale riconversione della Gkn molto più complessa ma, non per questo, meno urgente. Il problema, per ora, è non cedere e andare avanti. Con il sostegno più largo possibile.

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