Solo i patrioti possono governare Hong Kong: esserlo significa amare la Cina. Nelle parole pronunciate nella giornata di ieri da Xia Baolong, capo dell’Ufficio per gli affari di Hong Kong e Macao del governo centrale, è condensata la visione di Pechino dell’ex colonia britannica, che nel 2022 chiamerà i cittadini alle urne per votare il futuro Chief Executive, precedentemente selezionato dal Partito comunista cinese. Nell’ottica di neutralizzare qualsiasi forma di opposizione ed evitare ulteriori disordini sociali e politici, il massimo funzionario di Pechino responsabile degli affari della città ha dettato le linee guida per far sì che solamente chi è fedele alla Cina occupi posizioni chiave nel ramo esecutivo, legislativo e giudiziario del governo di Hong Kong. Precondizione necessaria per proteggere il modello «un paese, due sistemi».

Secondo Xia, infatti, chi occuperà gli uffici pubblici dovrà seguire rigorosamente la Costituzione cinese e la Basic Law, la carta di Hong Kong, rispettare l’autorità del governo centrale e la sovranità nazionale osservando la legge sulla sicurezza.
Nello schema delineato dal vicepresidente della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, il principale organo consultivo politico del paese, non rientrano gli oppositori della Cina e del Partito o i sostenitori delle «forze straniere».

Ma non è la prima volta che il profilo del perfetto patriota viene ritagliato su misura per Hong Kong. Già Deng Xiaoping, prima di ottenere nuovamente la città portuale da Margaret Thatcher, aveva delineato quali fossero gli atteggiamenti imprescindibili per garantire il successo del neonato «un paese, due sistemi».

Ma è con Xi Jinping che il patriottismo ha assunto un ruolo predominante negli affari governativi, ribadito più volte anche alla Chief Executive in carica Carrie Lam, che vede la sua posizione politica in bilico dopo l’ondata di manifestazioni che si è abbattuta su Hong Kong nel 2019. Xia, nel suo intervento di ieri, ha sottolineato l’esigenza di riformare il sistema elettorale di Hong Kong, auspicando in un rafforzamento della governance attraverso una maggiore collaborazione tra amministrazione locale e legislatori. Il tema potrebbe essere affrontato la settimana prossima durante le «due sessioni» (lianghui), il tradizionale appuntamento legislativo di Pechino, dove i funzionari potranno votare su emendamenti per modificare la composizione del comitato elettorale di 1.200 membri.

Seppur non esplicitato, l’obiettivo è chiaro: limitare la presenza dell’opposizione nell’organo che si occupa di scegliere i candidati per la guida di Hong Kong, prima che siano votati dagli abitanti dell’ex colonia britannica. Con uomini fedeli in posti chiave, è più semplice per Pechino rafforzare il controllo su Hong Kong, già privata di forze di opposizione dopo l’ondata di arresti di attivisti politici ed espulsioni dei legislatori dal parlamentino della città.