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La Lega getta ufficialmente la spugna: «A correre sarà Truzzu»

La Lega getta ufficialmente la spugna: «A correre sarà Truzzu»

Sardegna E sul terzo mandato porte sbarrate: salta anche per i sindaci

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 19 gennaio 2024

Per una volta Salvini deve ringraziare la magistratura. La resa della Lega in Sardegna era già decretata. Quei 350mila euro di beni sequestrati a Solinas hanno offerto la via d’uscita per non perdere troppo la faccia. «Solinas ha governato bene ma noi teniamo all’unità del centrodestra e visto che FdI insiste su Truzzu penso che il candidato sarà lui», quasi ufficializza il vicesegretario Crippa. Game Over. Già, ma quale sarà il premio di consolazione per Salvini? Lui pensa alla Basilicata: «Spingiamo su quella» avrebbe ordinato ai suoi. Ma avere ragione delle resistenze di Fi non sarà facile. Lo stesso capo leghista avrebbe anticipato che «sarà una battaglia».

Gli azzurri fanno muro: «Nessun sacrificio. Basta quello di Solinas», tuona il capogruppo Fi Barelli ma la Lega insiste: due governatori forzisti sono troppi. Nessun problema su Cirio in Piemonte ma Bardi in Basilicata deve cedere.

La premier si è dovuta muovere di persona per evitare che la Basilicata diventi appunto un casus belli, con telefonate sia a Tajani che a Salvini. Senza riuscire, almeno per ora, a risolvere il nuovo incidente. Ma il tempo stringe, un candidato leghista alternativo credibile al momento non c’è e Salvini rischia quindi di perdere anche questa sfida. Ci sarebbe anche Cagliari, se Truzzu sarà promosso, ma anche lì Fi è sulle barricate e mira a occupare la poltrona vacante. L’idea della premier è compensare il Carroccio con le candidature per i comuni capoluoghi di provincia, poi se ne riparlerà nella tornata di regionali del 2025.

Di certo c’è solo quel che Meloni non ha alcuna intenzione di mollare: il terzo mandato per i governatori. La settimana prossima il cdm varerà il dl sull’election day, ma depurato dal passaggio sulla cancellazione della regola dei due mandati per i sindaci dei comuni sotto i 15mila abitanti. Ci sarà solo la data di europee, regionali e comunali (8 e 9 giugno). È un segnale chiaro, anzi definitivo.

La norma per i sindaci dei piccoli comuni è stata cassata in extremis solo perché la premier teme che aprire uno spiraglio sui terzi mandati significhi offrire a Salvini una possibilità di offensiva sui governatori, e non ha alcuna intenzione di rischiare. Vuole il Veneto in base a un ragionamento che ha una sua logica stringente: le tre regioni più industrializzate vanno divise tra i tre partiti di maggioranza e a becco asciutto, con un terzo mandato che renderebbe certa la conferma di Zaia, resterebbe proprio il partito di maggioranza relativa.

La presidenza vacante fa gola anche a Fi, che mira a schierare l’ex leghista oggi azzurro Tosi. Ma immaginare che la premier affronti il braccio di ferro con Salvini solo per regalare il Veneto a una Fi che già governa il Piemonte è fuori dalla realtà. A Zaia resterebbe la candidatura alle europee in posizione eminente.

Salvini insiste. Non ha intenzione arrendersi ma neppure calca la mano, consapevole di non avere carte certe per vincere le resistenze: «Noi saremo sempre favorevoli al terzo mandato. Ma il governo non rischia nulla». Lo scontro si sposta così in Basilicata subito e nelle regioni contese al centrosinistra l’anno prossimo. Dopo la bastonata sarda, il Carroccio pretenderà la candidatura in una delle due regioni rosse a rischio per il Pd, l’Emilia, che però la premier considera già assegnata al suo partito e senza Bonaccini in campo ritiene di potercela fare, e la Toscana.

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