Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) ha delineato ieri uno scenario economico dove la bassa crescita economica si combina con l’aumento dell’inflazione. In questo quadro la guerra russa in Ucraina produrrà inoltre «onde sismiche emanate dall’epicentro di un terremoto».

Vista dall’Italia questa situazione imporrà una drastica revisione delle stime fatte dal governo Draghi più che ottimistiche, probabilmente infondate. Solo qualche giorno fa, infatti, la «crescita» del Prodotto Interno Lordo (Pil) – in realtà un rimbalzo dopo il tonfo colossale dell’8,9% a causa della pandemia- era stata fissata dall’esecutivo al 3,1% nel 2022. Per l’Fmi sarà invece al 2,3%. La frenata sarà significativa anche nel 2023, quando il Pil crescerà dello 0,5% in meno rispetto alle stime precedenti dell’Fmi, cioè dell’1,7%. Invece il governo sostiene che nel 2023 il Pil sarà al 2,4%. Rispetto alle previsioni già fatte tre mesi fa dall’Fmi (3,8%) , l’Italia ha perso 1,5 punti ed è scesa al 2,3%.

Prima o poi la previsioni macroeconomiche collimeranno e il Def, come sempre, si rivelerà un libro dei sogni. O un bluff. Quello che sta giocando il governo che sta prendendo tempo e rinviando decisioni che non ha, né probabilmente può, intenzione di prendere.

I tagli alla crescita più consistenti riguardano anche un altro paese più dipendente dal gas russo: la Germania. Secondo l’Fmi perderà 1,7 punti di crescita nel 2022: il Pil si ferma al 2,1%. Nel 2023, invece, crescerà dello 0,2% in più (2,7%).

Ieri la direttrice del Fmi Kristalina Georgieva, mettendo in guardia sul rischio di frammentazione dell’economia globale. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, sommata a una pandemia ancora in corso e a un’inflazione sempre più alta, accrescono questa nuova realtà della globalizzazione. In questa cornice è evidente come L’europa sia l’economia più a rischio in termini di ripercussioni della guerra data la vicinanza geografica al conflitto in corso.

Nell’Eurozona che «importa gas e petrolio, in particolare dalla Russia, l’inflazione è molto elevata e sopra il target» fissato dalla Banca Centrale Europea e queste «pressioni inflazionistiche stanno rendendo necessaria una stretta di politica monetaria: la Bce va verso questo irrigidimento ma è troppo presto per dire quando dovrebbero essere rialzati i tassi» ha aggiunto Tobias Adrian, direttore del Dipartimento dei mercati monetari e dei capitali dell’Fmi.

L’Fmi ha stimato anche gli effetti di un eventuale embargo su gas e petrolio russo, insieme all’isolamento di Mosca da gran parte della finanza e degli scambi commerciali . La frenata prevista sarebbe più brusca di quella annunciata. Nel 2023 il Pil globale sarebbe del 2% più basso rispetto allo scenario con le sanzioni attuali. Per l’Ue il taglio sarebbe di 3 punti. Per le altre economie avanzate, la riduzione sarebbe invece dell’1,5%, come per gli emergenti (esclusa la Russia). Le perdite sarebbero inoltre durature: nel 2027 si dovrà ancora recuperare l’1% del Pil pre-crisi. La Russia perderebbe il 17% del Pil nel 2023 e nel 2027 sarebbe ancora sotto del 15% sotto.

Nel World Economic Outlook diffuso dall’Fmi la crescita globale è stata tagliata dello 0,8% nel 2022 (al 3,6%) e dello 0,2% nel 2023,rispetto a gennaio.

Parlando a margine degli Spring Meetings di Banca mondiale e Fondo monetario internazionale la segretaria al Tesoro statunitense Janet Yellen ieri ha ricordato che la crisi alimentare mondiale, esacerbata dall’invasione russa dell’ucraina, potrebbe far finire almeno 10 milioni di persone in povertà nell’Africa sub-sahariana.