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La guerra nascosta di Odessa. «Ci colpiscono tutti i giorni»

La guerra nascosta di Odessa. «Ci colpiscono tutti i giorni»Un palazzo distrutto di Odessa – Ap

Il limite ignoto Reportage dalla città dove nella versione ufficiale di Kiev tutto è tranquillo. I tagli alla corrente sono sempre più frequenti e duraturi, e già si pensa a come superare l’inverno

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 8 giugno 2024

«È il terzo compagno che perdo questa settimana» dice Andriy, mentre storce la bocca e sbatte le palpebre compulsivamente. «Dicono che la situazione a Odessa è tranquilla, non è vero! Al porto ci stanno colpendo con gli Iskander (missili balistici russi, ndr) tutti i giorni, credo che vogliano affondare una nave». Andriy è di stanza al porto come quasi tutti i militari operativi dentro Odessa, lo incontriamo dietro il giardino comunale, mentre ingoia boccali di birra da mezzo litro come fossero cicchetti. «Sono arrivato al punto che quando sento la sirena anti-aerea mi blocco e vomito».

ANDRIY SPIEGA che a Odessa non ci sono i sistemi antimissilistici Patriot, quelli che sono arrivati in Ucraina dall’Occidente li hanno posizionati quasi tutti intorno a Kiev. «Non… non… posso…» è in piena crisi di nervi e non lo nasconde. «Ho sviluppato un po’ di sindrome post-traumatica». Prova a cercare un po’ di sollievo con l’alcol ma «non funziona troppo bene». «Non so, non mi sembra mi faccia niente» dice. Mentre Andriy va al bagno un giornalista al nostro tavolo mi racconta che quando due giorni prima quando è suonato l’allarme non ha avuto neanche il tempo di attraversare la strada che si è sentito «un boato fortissimo». Quando torna, Andriy ha la faccia un po’ più calma. Racconta una barzelletta su dei generali sovietici e ci chiede dell’Italia.

«Un bel Paese, ci sono stato» dice, «però hai sempre l’impressione che tutti siano arrabbiati con te» e mima la sua versione dell’italiano che urla gesticolando. Si fa dire tutte le nostre città di provenienza e grida i pochi siti archeologici di cui ricorda i nomi, storpiandoli. Ora è ubriaco e un sorriso bonario gli si stampa sul volto. Ma dura poco, quando passa un commilitone in borghese, si salutano, scambiano qualche parola e Andriy ripiomba nel suo abisso di pensieri oscuri.

«Che cazzo aspettano?» dice all’improvviso. «Questi chiacchieroni dei capi di stato, non capiscono che Putin non si fermerà in Ucraina?». Il solito discorso, preludio a un nuovo cambiamento nel volto di Andriy. Si fa aggressivo, inizia a dire parolacce a ripetizione e insulta i russi in ogni modo possibile. «Lo sai» dice «io sono uno di quegli ucraini che odia tutti i russi. Proprio così, tutti, non ne salvo neanche uno». Ma almeno uno ci sarà, obiettiamo non capendo che non scherza. «E perché? Loro mica ci pensano due volte prima di bombardare. Seminano morti, morti dovunque, sono tutti…» e si lancia in una serie di insulti che non serve riportare.

«SAI CHE DOMANI mancherà la corrente per tutto il giorno?» dice un altro degli astanti per cambiare discorso. A Odessa i tagli della fornitura elettrica sono sempre più frequenti e duraturi. «Ma come, anche d’estate?» chiede il giornalista, arrivato in città da un solo giorno. «Eh sì, dicono che stanno facendo tutti degli sforzi per inviare corrente verso Kharkiv e le aree del fronte». Alla parola «Kharkiv» Andriy ricomincia un’omelia borbottata di insulti verso i russi. «Ma il problema vero» riprende il primo, «è che l’85% delle loro infrastrutture energetiche sono state colpite». I dati vengono da fonti ucraine e hanno causato non poco sconcerto tra i civili. Il problema, infatti, sarà l’inverno. Stando ad alcune previsioni, in molte regioni saranno garantite solo 4 ore al giorno di corrente. Con il sole che tramonta alle 16 e -20° fuori le giornate saranno infinite.

IL FINANCIAL TIMES ha pubblicato un lungo articolo nel quale descrive un quadro drammatico per il prossimo inverno partendo proprio da questi dati e dalle dichiarazioni di anonimi funzionari ucraini. Il governo ucraino non l’ha presa affatto bene e Herman Halushenko, ministro dell’energia di Kiev, ha risposto che si tratta solo di «un mucchio di illazioni e di dati non verificati che hanno come unico risultato quello di spaventare la popolazione e creare un clima di sconforto» oltre a «fare gli interessi della Russia». Un’accusa forte alla quale il prestigioso quotidiano britannico non ha replicato per ora.

MA, NONOSTANTE il fastidio del governo ucraino, il problema resta ed è sentito seriamente dalla popolazione locale. Anche se con 30 gradi, come ieri, sembra assurdo parlare del freddo, è importante notare che il risalto dato a queste indiscrezioni indica che i civili sanno già che la guerra non finirà nei prossimi mesi e che, se vogliono sopravvivere al rigido inverno ucraino, dovranno trovare una soluzione a breve termine. Per questo neanche le nuove armi promesse ormai entusiasmano più gli ucraini: la guerra obbliga a essere pragmatici e le piccole preoccupazioni quotidiane diventano questione di vita o di morte. Chi vive nelle aree rurali o nelle cittadine a ridosso del fronte accatasta legna quotidianamente. Sia che ci si scaldi con la stufa di ghisa, sia che si affumichi uno scantinato lurido trasformato in rifugio, l’importante è non morire di freddo. Per gli altri, a Odessa, Kherson, Kharkiv e in molte altre grandi città, si trascorrerà l’estate cercando una soluzione. Un passo alla volta, un bisogno alla volta, senza pensare che prima o poi finirà perché la speranza è nemica dell’adattamento.

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