La «guardia di frontiera» Ue divide la Grecia dalla Turchia
Egeo Atene di fronte alla riapertura ad Ankara in scontro con Mosca
Egeo Atene di fronte alla riapertura ad Ankara in scontro con Mosca
La proposta della Commissione Europea di istituire una guardia di frontiera comunitaria è stata accolta con grandissima diffidenza da Atene. La proposta è stata gettata sul tavolo dopo mesi di duro confronto tra Atene con la Commissione sulla gestione della nuova massiccia ondata di rifugiati. Da parte europea c’è un evidente tentativo di arginare il flusso verso il nord Europa, bloccando i migranti nel paesi di primo ingresso, come esige il famigerato accordo di Dublino. Ma questo ancora non basta. Atene è accusata sempre più spesso di essere incapace di “difendere” le frontiere esterne dell’Europa. In sostanza, si chiede ad Atene di tornare alle pratiche dei precedenti governi di destra che respingevano i barconi in mezzo al mare, incuranti delle vite umane.
Con la nuova Guardia di frontiera la controversia viene risolta in favore di Bruxelles: al contrario di Frontex, sarà un organo comunitario gestito direttamente dalla Commissione e potrà intervenire come e quando vuole, senza richiedere l’autorizzazione del paese interessato.
La proposta inoltre prevede la facoltà di procedere a «accordi di collaborazione» con paesi terzi, in modo da tracciare, in piena autonomia, una «propria politica» di gestione dei flussi. Nel caso specifico, la Guardia europea potrà accordarsi con la confinante Turchia senza render conto ai greci. In pratica, ritorna dalla finestra la vecchia proposta dei pattugliamenti congiunti greco-turchi nella acque dell’Egeo, fermamente respinta da Atene.
Le preoccupazioni di Atene hanno due motivi. Il primo è l’atteggiamento finora tenuto da Bruxelles verso Erdogan. Il governo turco dal 2010 ha sottoscritto numerosi accordi con l’Ue per la reintroduzione dei migranti, ma non li ha mai applicati. Anche adesso, dopo aver incassato ben tre miliardi, la Turchia fa ben poco per frenare il flusso, mentre non ha voluto neanche prendere in considerazione la proposta di Atene di collocare gli hot spots direttamente sul suo territorio.
Poi c’è l’atteggiamento di Juncker. Nei suoi ripetuti incontri con il premier turco Davudoglu, il presidente della Commissione si è mostrato così entusiasta della prospettiva di riattivare i negoziati di adesione all’Ue che si è anche spinto a promesse che non può mantenere: in una lettera lo ha assicurato che «ben presto» anche i cinque capitoli bloccati unilateralmente da Cipro saranno aperti. In risposta, Davudoglu ha ripetuto che il suo paese non ha alcuna intenzione di riconoscere la Repubblica di Cipro, paese membro dal 2004.
Il secondo motivo ha a che fare con le mire revisioniste di Ankara nell’Egeo. La storia dura da quasi mezzo secolo, da quando cioè sono stati scoperti giacimenti di idrocarburi sul fondo a questo mare. La Turchia rivendica la sovranità sulla metà dell’Egeo e nel 1995 il suo parlamento ha approvato un documento che considera casus belli ogni espansione delle acque territoriali greche. Ma anche le ricerche petrolifere off shore, nella cosiddetta Zona Economica Esclusiva prevista dalla convenzione Onu sul mare, sono impedite dalla Turchia, che non ha sottoscritto la convenzione. Più di recente la posizione turca si è ulteriormente aggravata, sostenendo che anche lo status di molte isole greche è di “incerta sovranità”. Proprio sui limiti di reciproca compentenza, i due paesi si sono trovati sull’orlo della guerra ben due volte negli ultimi decenni. Per risolvere la controversia, Atene ha più volte chiesto il ricorso alla Corte internazionale dell’Aja ma Ankara preferisce un accordo bilaterale.
Alle tensioni greco-turche si è aggiunta quella tra Ankara e Mosca. Due settimane fa l’incidente tra le flotta russa in transito verso la Siria e un peschereccio turco. Il transito di navi di guerra russe nell’Egeo continuerà a lungo. Cosa farà la Guardia di frontiera europea?
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