La generazione post ’98 travolge le vecchie liturgie con un carretto a pedali
Piazza Duomo Hanno manifestato in 100mila, numeri oltre ogni previsione. Mischiati tra la folla di adolescenti anche bimbi più piccoli con i genitori, «questa volta però sono loro ad averci portati al corteo»
Piazza Duomo Hanno manifestato in 100mila, numeri oltre ogni previsione. Mischiati tra la folla di adolescenti anche bimbi più piccoli con i genitori, «questa volta però sono loro ad averci portati al corteo»
Il vento fresco della generazione post ’’98 ha spazzato l’aria di Milano. In 100 mila hanno manifestato la mattina, numeri oltre ogni previsione, un corteo che doveva concludersi davanti al palazzo del Comune e che invece è finito in piazza Duomo, riempiendola. Una manifestazione che ha travolto riti, liturgie e sigle, mostrando quello che potenzialmente è un nuovo movimento generazionale. L’ultima volta era successo dieci anni fa con l’Onda quando gli studenti capirono che la crisi globale l’avrebbero pagata loro, e così è stato. Oggi i post ’98 sono consapevoli di essere figli di quella crisi ma con davanti una minaccia ancora più grande, quella per la sopravvivenza del pianeta. Greta Thunberg è un simbolo, li ha coinvolti emotivamente e ha portato il tema dei cambiamenti climatici ovunque. «Ora però dobbiamo fare qualcosa in più» dice Anna, 18 anni. «Dobbiamo essere noi l’esempio per questo cambiamento».
Il corteo della mattina è aperto da un carretto a pedali, una scelta ecologica e che rompe il rito del camion con il soundsystem, eredità degli anni ’90. Gli slogan sono in stile anglosassone, frasi brevi, ripetute al ritmo di tamburi o battiti di mani: «allerta allerta allerta ambientalista, contro la mafia capitalista», «governi agite il tempo sta scadendo», e persino uno slogan fino ad oggi confinato ai cortei più militanti: «A anti anticapitalista». Molti cartelli sono in inglese, segno di un’abitudine a confrontarsi con il resto del globo: «If you want to stay, stop global warming», «time is running out», «climate justice now». «Politici e giornalisti verranno a cercarci perché oggi siamo tantissimi» dice Sergio dal piccolo impianto montato sul carretto a pedali. «Dobbiamo accogliere con la risposta pronta: è il sistema capitalista che va cambiato radicalmente». Pare di sentire i giovani socialisti Usa che sostengono Bernie Sanders.
Mischiati tra la folla di adolescenti anche bimbi più piccoli con i genitori, «questa volta però sono loro ad averci portati in piazza» dice una mamma. «Noi adulti siamo chiusi in vecchi schemi, loro possono aiutarci a scardinarli». Questi giovani per il clima non si sentono rappresentati da nessuno però. «Alle ultime elezioni le emergenze per i partiti sono state la sicurezza e l’immigrazione, nessuno ha parlato del clima» dice ancora Sergio. In piazza Duomo una ragazza con gli occhiali e le trecce chiede a tutti di sdraiarsi a terra «così gli facciamo vedere che se non fanno nulla saremo tutti morti».
Nel pomeriggio gli universitari si sono mossi in bicicletta, una critical mass tra le facoltà milanesi. «Non dobbiamo solo chiedere il cambiamento, dobbiamo esserlo» dice Elena di Statale a Impatto Zero. «Noi ci stiamo provando in Statale, abbiamo chiesto di cambiare i bandi per le mense inserendo criteri sullo spreco alimentare e ci stiamo impegnando per eliminare l’usa e getta. Sembra faticoso ma i risultati si vedono».
Non è bastata una manifestazione a Milano. Chi la mattina era al lavoro si è dato appuntamento alle 18 sempre in largo Cairoli. Un corteo più piccolo rispetto a quello della mattina, con diverse migliaia di persone, dove si sono un po’ rimischiate le generazioni. «Ci stiamo prendendo gusto a stare in piazza». Chissà.
Cosa lascia questa giornata? «Questa piazza globale è entrata con forza nel dibattito pubblico, non credo si potrà fare finta di niente dopo oggi» dice Sergio. «Io sono uno studente di fisica, stiamo girando nelle scuole facendo workshop e laboratori per aumentare la consapevolezza e spiegare cos’è il cambiamento climatico». Formazione e mobilitazione, e anche per Elena è solo l’inizio. «Qui non ci sono leader, siamo tutti uniti su tre punti fondamentali: il riscaldamento globale non deve aumentare di 1.5°C, vogliamo che la transizione ecologica avvenga in maniera equa e non sia pagata dai più deboli e una rivoluzione verde nella mentalità delle persone».
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento