La Francia, regno del diesel, trema
Scandalo Volkswagen Royal nomina una commissione, per fare dei test "a caso" sulle auto diesel e verificare il rispetto delle norme. I Verdi chiedono l'uscita dal diesel in cinque anni. Ma più del 60% del parco automobilistico francese è diesel, grazie a sgravi fiscali. I test Ue sono più "flessibili" di quelli Usa, su pressione dei costruttori. Nuove norme previste nel 2016 e 2017
Scandalo Volkswagen Royal nomina una commissione, per fare dei test "a caso" sulle auto diesel e verificare il rispetto delle norme. I Verdi chiedono l'uscita dal diesel in cinque anni. Ma più del 60% del parco automobilistico francese è diesel, grazie a sgravi fiscali. I test Ue sono più "flessibili" di quelli Usa, su pressione dei costruttori. Nuove norme previste nel 2016 e 2017
La Francia è il paese al mondo dove circola il maggior numero di auto diesel, pari a circa il 60% del parco automobilistico (contro meno del 5% negli Usa) e molte auto sono vecchie e quindi maggiormente inquinanti. Renault e Psa, si sono specializzate nel diesel, da sempre favorito in Francia con un fisco favorevole: le tasse sono inferiori e causano un mancato guadagno per lo stato di circa 7 miliardi l’anno. Lo scandalo Volkswagen preoccupa quindi in Francia, anche se Psa e Renault (con l’alleata giapponese Nissan e il partner tedesco Daimler) assicurano che i loro prodotti rispettano scrupolosamente le regole. Le due case automobilistiche francesi fanno inoltre valere di aver adottato nuove tecnologie molto meno inquinanti per le nuove auto diesel.
Ieri, la ministra dell’Ecologia, Ségolène Royal, ha promesso l’istituzione immediata di una “commissione indipendente” che avrà il compito di fare dei test, a caso, su un centinaio di automobili, per verificare la conformità alle norme. Royal, la vigilia, aveva accusato Volkswagen di essersi resa colpevole di “una forma di furto del contribuente e dello stato”, con la truffa sui test. La Francia, come altri paesi europei, ha aperto un’inchiesta sulle Volkswagen. Ma la difesa preventiva di Renault e Psa fa acqua, perché nella Ue i test sono estremamente “flessibili” a causa della pressione esercitata dai costruttori. Bruxelles si limita a stabilire dei tetti di inquinamento permessi e a definire le procedure dei test. Ma la Commissione non ha né i mezzi né i tecnici per eseguire questi test, che sono affidati a strutture nazionali, suscettibili di essere in conflitto di interesse anche se sottomesse a loro volta a controlli, per evitare un eccesso di frodi su pressione dei costruttori nazionali. Le ong che si occupano di inquinamento e i Verdi europei hanno sottolineato in questi giorni che i test fatti nella Ue non sono affidabili: avvengono difatti esclusivamente in laboratorio, in condizioni particolari, che non rispecchiano le emissioni su strada. L’eurodeputato Verde Yannick Jadot denuncia delle pressioni dei costruttori sulla qualità dei test europei: “durante a crisi – afferma – hanno fatto valere e messo sulla bilancia il rischio sull’occupazione” di test più efficaci, “difficile lottare contro” questo tipo di argomenti in un periodo di forte disoccupazione.
La Commissione ha proposto una nuova tecnologia per i test, più fedele alla realtà, ma non dovrebbe venire applicata prima del 2016. Per il 2017 è prevista la revisione dei test di omologazione e dovrebbero venire messi la bando i test in laboratorio. La Ue ogni 5 anni dimezza i valori-limite degli agenti inquinanti: le norme Euro sono in atto dal ’91 (ora è in vigore Euro6) e mirano a limitare emissioni di polveri sottili, ossidi di azoto, monossido e diossido di carbonio. Ma, nei fatti, le case automobilistiche faticano a stare dietro a queste esigenze. Di qui la persistenza dei test in laboratorio, più favorevoli ai costruttori. Secondo la ong europea Transport&Environnement, 9 auto diesel su 10 che circolano in Europa “non sono conformi” alle regole Ue. Il Comitato dei costruttori francesi di automobili afferma ora che l’industria francese difende ormai “l’introduzione di test europei Rde (Real Driving Emissions), che permetteranno di convalidare, su strada, i risultati di laboratorio”.
In Francia, paese del diesel, lo scandalo Volkswagen preoccupa più di quanto faccia sperare ai costruttori nazionali di conquistare il mercato della rivale tedesca. Il diesel ha anche un aspetto politico molto delicato. I Verdi hanno chiesto ieri la proibizione delle auto diesel entro il 2020. Ma non saranno ascoltati, perché i proprietari di auto diesel – e soprattutto di quelle più vecchie – sono soprattutto i meno abbienti, cioè la popolazione che si sente maggiormente abbandonata dal governo e più massacrata dal fisco (ed è ormai il principale bacino di voti per il Fronte nazionale). In questo contesto, sono apparse patetiche le prese di posizione “nazionaliste” di alcuni politici. Jean-Luc Mélenchon, del Front de Gauche, che non perde occasione per attaccare la Germania, ha chiesto di applicare “il principio di precauzione” e di “sospendere le vendite di Volkswagen” in Francia. Il destroide Laurent Wauquiez, dei Repubblicani (il nuovo nome del partito di Sarkozy) afferma: “Volkswagen incarna l’arroganza del made in Germany, questa crisi dell’auto è una finestra di opportunità per dire che il made in France non è poi cosi’ male”.
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