La foresta pluviale nelle immagini immateriali di artiste e artisti
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La foresta pluviale nelle immagini immateriali di artiste e artisti

Le immagini immateriali della foresta pluviale, così come sono visualizzate dagli sciamani Yanomami e da artiste e artisti delle comunità autoctone americane del New Mexico, Perù, Colombia, Paraguay e Brasile, […]
Pubblicato più di un anno faEdizione del 13 luglio 2023

Le immagini immateriali della foresta pluviale, così come sono visualizzate dagli sciamani Yanomami e da artiste e artisti delle comunità autoctone americane del New Mexico, Perù, Colombia, Paraguay e Brasile, prendono forma nella mostra Siamo Foresta alla Triennale di Milano (fino al 29 ottobre). Un’interpretazione soggettiva di una ritualità ancestrale che restituisce alle piante e agli animali la stessa soggettività degli esseri umani.

SESTO PROGETTO NATO dalla collaborazione tra Fondation Cartier pour l’art contemporain e Triennale Milano, l’esposizione sotto la direzione artistica dell’antropologo Bruce Albert con Hervé Chandès, Direttore Generale Artistico della fondazione francese), si pone in continuità con un tema caro ad entrambe le istituzioni, ricordando tra le mostre passate Yanomami, l’esprit de la forêt (2003), Nous les Arbres (2019-2020), Claudia Andujar: La lotta Yanomami (2020), Mondo reale (2022-23).

IL PENSIERO COSMO-ECOLOGICO a cui fa riferimento Bruce Albert nei suoi libri, in particolare in La caduta del cielo. Parole di uno sciamano (2010) scritto a quattro mani con Davi Kopenawa, è di una «foresta metaforica» come possibile risorsa per il futuro è solo in parte la linea guida per i 27 tra artiste e artisti di diverse generazioni invitati a dialogare, facendosi portavoce delle reciproche affinità e delle diversità, delle complicità, degli scambi. Tra loro anche l’artista cinese Cai Guo-Qiang e il francese Fabrice Hyber che hanno dato vita a inediti sodalizi, la prima con Ehuana Yaira, artista yanomami brasiliana ed il secondo con lo yanomami venezuelano Sheroanawe Hakihiiwe.

«SIAMO FORESTA È UNA MOSTRA politica di incontri e collaborazioni che ci chiede un cambio di prospettiva», ha affermato Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano presentando anche il public program a cura del filosofo Emanuele Coccia. Nella proliferazione di luci colorate che scendono dall’alto, facendosi strada tra la fitta vegetazione – «la foresta tropicale è una sorta di cattedrale» – secondo l’allestimento concepito dall’artista brasiliano Luiz Zerbini, di cui sono esposte anche delle tele e l’installazione Natureza Espiritual da Realidade, troviamo un mondo tutto da scoprire fatto di dettagli.

IN QUESTO SPAZIO IMMERSIVO e senza barriere il pubblico è invitato ad entrare nella «Piccola Foresta Sognata», percorrendo la passerella e percependo la presenza reale della vegetazione tropicale con la sua naturale evoluzione (caduta di foglie, appassimento), consapevole dell’importanza del senso della cura: le specie, tutte a km zero, sono state selezionate in collaborazione con il botanico Stefano Mancuso e saranno ripiantate alla fine della mostra. Una natura imperfetta con le sue meravigliose fragilità. Tracce di formiche rosse procedono verso l’alto «invadendo» i pilastri delle sale nella pittura murale Wamono di Sheroanawe Hakihiiwe – presente in mostra anche con altre opere, tra cui la serie di 20 disegni di Sequia (Siccità) del 2021 – una raffigurazione astratta delle terribili Atta sexdens che devastano le piantagioni di manioca.

MENTRE ALEX CERVENY, straordinario creatore di mondi fantastici, con la sua calligrafia pittorica ha interpretato in una chiave personale e naïf le didascalie di tutte le opere esposte (di cui oltre il 70% proviene dalla collezione della Fondation Cartier pour l’art contemporain), oltre che il titolo stesso della mostra.

TRA BESTIARI MITOLOGICI e visioni oniriche, esploratrice di un «mondo invisibile» è l’artista brasiliana Adriana Varejão, nota per la sua contestazione alla visione stereotipata della colonizzazione, che in Cadernos de viagem, connaissance par corps ha indagato l’esperienza sciamanica interpretando i diversi passaggi iniziatori, raffigurando alla maniera di un’antica tavola botanica tutte le specie vegetali utilizzate per produrre una sostanza allucinogena usata durante i rituali.

SULLA STESSA PARETE, proprio lì accanto, nel disegno di Mokahesi (Becoming a Shaman) è il corpo umano capovolto a codificare la memoria orale dei canti degli anziani. A testa in giù: un’altra visione.

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