La festa e il concetto di «comune» a 30 anni dalla rivolta zapatista
Messico Duro discorso del subcomandante insurgente Moisés al culmine delle celebrazioni nel Caracol VII. L’Ezln ora guarda dentro di sé. Con gli spettacoli teatrali e il ballo popolare a ritmo di cumbia va in scena la trasformazione
Messico Duro discorso del subcomandante insurgente Moisés al culmine delle celebrazioni nel Caracol VII. L’Ezln ora guarda dentro di sé. Con gli spettacoli teatrali e il ballo popolare a ritmo di cumbia va in scena la trasformazione
Uomini e donne di tutto il mondo hanno accompagnato ieri e l’altro ieri l’Ezln nelle giornate centrali delle celebrazioni per i 30 anni dell’inizio della rivolta zapatista. Per cogliere la varietà geografica dei partecipanti basta guardare il cartello che indica la vendita di ghiaccioli: è scritto il 24 lingue, dall’italiano al giapponese, passando per il curdo, l’arabo fino a diverse lingue indigene del Messico. Ma protagoniste e protagonisti sono stati zapatiste e zapatisti, sia nella loro componente civica che militare.
PER ENTRARE NEL CARACOL fondato nel 2018 si fa una discesa abbastanza ripida e in fondo, ai due lati della strada, dei miliziani indicano la strada e controllano che tutto si svolga in sicurezza. L’atto centrale, e politico, inizia domenica verso le 22.30 nel Caracol VII, quello di Dolores Hidalgo. Prima delle parole della Comandancia General sono i miliziani e le miliziane a prendere il centro della scena con una sorta di parata/esibizione a tempo di musica e sulle note del gruppo Panteón Rococò e de Los Ángeles Azules. Ancora prima ci sono stati spettacoli teatrali e concerti con cui le comunità indigene hanno raccontato la loro vita e affrontato i temi portanti dell’autonomia indigena. Proprio con gli spettacoli teatrali hanno messo in scena le trasformazioni dell’organizzazione e raccontato ai tanti non zapatisti le tensioni inter-comunitarie.
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Rivoluzione zapatista e molto altro ancoraFinite le esibizioni, uomini e donne dell’Ezln si sono messi in posizione di “difesa” e la parola é passata al capo militare della struttura, il subcomandante insurgente Moisés. 40 minuti di discorso rivolto principalmente “all’interno” della struttura, tanto che viene pronunciato prima in tzeltal e quindi in castigliano.
Un discorso duro e netto, come quelli che consuetamente vengono fatti da Moisés. La poetica che era di Marcos/Galeano lascia spazio alla pragmaticitá e alla schiettezza. Ci si aspettava forse un discorso di più ampio respiro, invece l’Ezln, sorprendendo nuovamente e rompendo logiche di comunicazione occidentali-centriche, ha preferito guardare dentro di sé guardando al prossimo futuro e al Messico da una visione soggettiva, mettendo al centro il concetto di «comune». Una prospettiva che si scontra con le logiche del potere capitalista e della politica istituzionale.
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Marcos in prima assoutaNON SONO CERTO MANCATE frecciatine a Morena e più che altro a quella parte del mondo indigeno e dei movimenti sociali che si sono avvicinati al partito del presidente Andrés Manuel López Obrador. Moisés ha ripetuto, come qualche anno fa che zapatiste e zapatisti sono soli nella costruzione dell’autonomia e che la loro storia di libertà é fatta di sperimentazioni ed errori, di correzioni in corso e di intransigenza. Una chiamata alle armi, ma pacifica, che cerca, utilizzando l’idea del «comune» e rappresentazioni teatrali, di riaffaccare le conflittualità intra-comunitarie togliendo a crimine organizzato e governo gli interstizi in cui alimentare guerre e tensioni locali.
30 ANNI DOPO il 1 gennaio 1994 l’Ezln non solo esiste ancora ma si fa portatore di nuove idee e pratiche di trasformazione del contesto indigeno e messicano, alimentando il sogno di un paese dove tutte e tutti abbiano un posto degno di vita, così che guerra, patriarcato, povertà e razzismo vengano cancellati dalla storia.
Ci vorrà pazienza dicono, forse anche 120 anni, ma promettono di esserci ancora come organizzazione e così poter finalmente festeggiare il nuovo mondo. Poi è iniziato il ballo popolare, a ritmo di cumbia, fino alle prime ore di quell’alba che 30 anni fa fu di fuoco e sangue.
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