Internazionale

La festa e il concetto di «comune» a 30 anni dalla rivolta zapatista

31 dicembe 2023. Unità dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) durante le celebrazioni a Dolores Hidalgo foto Ap/Eduardo Verdugo31 dicembe 2023. Unità dell’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) durante le celebrazioni a Dolores Hidalgo – foto Ap/Eduardo Verdugo

Messico Duro discorso del subcomandante insurgente Moisés al culmine delle celebrazioni nel Caracol VII. L’Ezln ora guarda dentro di sé. Con gli spettacoli teatrali e il ballo popolare a ritmo di cumbia va in scena la trasformazione

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 2 gennaio 2024
Andrea CegnaOCOSINGO, CHIAPAS

Uomini e donne di tutto il mondo hanno accompagnato ieri e l’altro ieri l’Ezln nelle giornate centrali delle celebrazioni per i 30 anni dell’inizio della rivolta zapatista. Per cogliere la varietà geografica dei partecipanti basta guardare il cartello che indica la vendita di ghiaccioli: è scritto il 24 lingue, dall’italiano al giapponese, passando per il curdo, l’arabo fino a diverse lingue indigene del Messico. Ma protagoniste e protagonisti sono stati zapatiste e zapatisti, sia nella loro componente civica che militare.

PER ENTRARE NEL CARACOL fondato nel 2018 si fa una discesa abbastanza ripida e in fondo, ai due lati della strada, dei miliziani indicano la strada e controllano che tutto si svolga in sicurezza. L’atto centrale, e politico, inizia domenica verso le 22.30 nel Caracol VII, quello di Dolores Hidalgo. Prima delle parole della Comandancia General sono i miliziani e le miliziane a prendere il centro della scena con una sorta di parata/esibizione a tempo di musica e sulle note del gruppo Panteón Rococò e de Los Ángeles Azules. Ancora prima ci sono stati spettacoli teatrali e concerti con cui le comunità indigene hanno raccontato la loro vita e affrontato i temi portanti dell’autonomia indigena. Proprio con gli spettacoli teatrali hanno messo in scena le trasformazioni dell’organizzazione e raccontato ai tanti non zapatisti le tensioni inter-comunitarie.

Finite le esibizioni, uomini e donne dell’Ezln si sono messi in posizione di “difesa” e la parola é passata al capo militare della struttura, il subcomandante insurgente Moisés. 40 minuti di discorso rivolto principalmente “all’interno” della struttura, tanto che viene pronunciato prima in tzeltal e quindi in castigliano.
Un discorso duro e netto, come quelli che consuetamente vengono fatti da Moisés. La poetica che era di Marcos/Galeano lascia spazio alla pragmaticitá e alla schiettezza. Ci si aspettava forse un discorso di più ampio respiro, invece l’Ezln, sorprendendo nuovamente e rompendo logiche di comunicazione occidentali-centriche, ha preferito guardare dentro di sé guardando al prossimo futuro e al Messico da una visione soggettiva, mettendo al centro il concetto di «comune». Una prospettiva che si scontra con le logiche del potere capitalista e della politica istituzionale.

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Marcos in prima assouta

NON SONO CERTO MANCATE frecciatine a Morena e più che altro a quella parte del mondo indigeno e dei movimenti sociali che si sono avvicinati al partito del presidente Andrés Manuel López Obrador. Moisés ha ripetuto, come qualche anno fa che zapatiste e zapatisti sono soli nella costruzione dell’autonomia e che la loro storia di libertà é fatta di sperimentazioni ed errori, di correzioni in corso e di intransigenza. Una chiamata alle armi, ma pacifica, che cerca, utilizzando l’idea del «comune» e rappresentazioni teatrali, di riaffaccare le conflittualità intra-comunitarie togliendo a crimine organizzato e governo gli interstizi in cui alimentare guerre e tensioni locali.

30 ANNI DOPO il 1 gennaio 1994 l’Ezln non solo esiste ancora ma si fa portatore di nuove idee e pratiche di trasformazione del contesto indigeno e messicano, alimentando il sogno di un paese dove tutte e tutti abbiano un posto degno di vita, così che guerra, patriarcato, povertà e razzismo vengano cancellati dalla storia.
Ci vorrà pazienza dicono, forse anche 120 anni, ma promettono di esserci ancora come organizzazione e così poter finalmente festeggiare il nuovo mondo. Poi è iniziato il ballo popolare, a ritmo di cumbia, fino alle prime ore di quell’alba che 30 anni fa fu di fuoco e sangue.

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