Masoud Pezeshkian, il neo presidente iraniano, in un articolo intitolato Il mio messaggio al mondo nuovo apparso sul quotidiano riformista Etemad e sulla Teheran Times in lingua inglese, annuncia al mondo che l’Iran è pronto al dialogo e alla riconciliazione. Afferma chiaramente che è disposto a cooperare con i paesi occidentali per porre fine alla crisi di Gaza e impegnarsi per la pace tra la Russia e Ucraina. Aggiunge di volersi lasciare alle spalle i dissapori con l’Europa, sorti per la mancanza di attuazione degli impegni assunti da quest’ultima per salvare l’accordo nucleare, e di essere pronto a guidare le relazioni «sulla strada giusta, basata sul principio di uguaglianza e di rispetto reciproco».

PEZESHKIAN critica aspramente gli Stati uniti per il loro ritiro unilaterale dagli accordi sul nucleare Jcpoa del 2015, affermando che hanno «inflitto centinaia di miliardi di dollari di danni alla nostra economia e causato indicibili sofferenze, morte e distruzione al popolo iraniano, in particolare durante la pandemia di Covid, attraverso l’imposizione di sanzioni unilaterali extraterritoriali».
Le affermazioni di alcuni funzionari della Repubblica Islamica avevano suscitato il dubbio che l’Iran avesse la possibilità di costruire armi nucleari, ma che non avesse ancora intenzione di farlo. Il nuovo presidente mette una pietra pesante sulla questione e sottolinea che «la dottrina di difesa dell’Iran non include armi nucleari», e sollecita «gli Stati uniti a imparare dagli errori di calcolo passati, ad adattare la propria politica di conseguenza e a riconoscere che una politica che consiste nel mettere i paesi della regione gli uni contro gli altri non ha avuto successo. Devono fare i conti con questa realtà ed evitare di esacerbare le tensioni attuali».

NESSUN RIFERIMENTO alla distruzione di Israele, pur menzionando che Tel Aviv «rimane un regime di apartheid» che oggi ha aggiunto il crimine di «genocidio a una storia di occupazione, crimini di guerra, pulizia etnica, costruzione di insediamenti, possesso di armi nucleari, annessione illegale e aggressione contro i suoi vicini».
Pezeshkian respinge categoricamente le accuse di antisemitismo contro l’Iran per la sua posizione di principio sulla questione palestinese: «Non solo sono palesemente false, ma anche un insulto alla nostra cultura, alle nostre convinzioni e ai nostri valori fondamentali».
Rivolgendosi ai paesi confinanti, scrive: «Dobbiamo unirci e fare affidamento sul potere della logica piuttosto che sulla logica del potere. Possiamo svolgere un ruolo cruciale nell’ordine globale promuovendo la pace, favorendo lo sviluppo sostenibile, il dialogo e dissipando l’islamofobia».

La Repubblica Islamica, attualmente, si trova in uno dei suoi periodi più isolati nelle relazioni internazionali, dipendendo principalmente dalla Cina e dalla Russia. Il presidente le descrive come partner «strategici» e dichiara che «il mio governo è impegnato ad espandere e rafforzare la nostra cooperazione».
L’articolo delinea la nuova direzione della politica estera che il neo governo intende seguire, con un chiaro impegno a ridurre le attuali tensioni nella regione e a tendere una mano ai paesi confinanti, mentre sollecita i paesi occidentali a un dialogo costruttivo. Nonostante il passato di retorica infuocata dei governi conservatori, la lettera di Pezeshkian è formulata attentamente per catturare l’attenzione del pubblico occidentale, anche se contiene critiche. In un momento in cui il presidente iraniano è circondato da istituzioni governate da conservatori inflessibili, la lettera rappresenta il massimo grado di apertura che il nuovo governo poteva manifestare.

La sua pubblicazione arriva durante la fase di formazione del nuovo governo. Che sembra includere volti nuovi, tra cui giovani ministri, tecnocrati e un numero senza precedenti di donne. L’ufficio di Pezeshkian ha delineato 18 criteri per la nomina dei membri del gabinetto, focalizzati su virtù come «fiducia nel lavoro degli esperti», «promozione della giustizia» e «evitare inclinazioni settarie etniche, religiose e regionali». Se i criteri per la formazione del gabinetto basati su età, esperienza e genere verranno seguiti, rappresenteranno un cambiamento significativo. I due governi precedenti erano noti per essere composti da individui anziani e non avevano nessuna donna tra i ministri. Un governo giovane e qualificato potrebbe migliorare l’immagine di Pezeshkian.
Il ruolo del ministro degli esteri è cruciale per implementare le intenzioni dichiarate dal presidente. Secondo l’agenzia di stampa Tasnim, che cita «una fonte informata», i consiglieri dell’ufficio di Pezeshkian sono prossimi a prendere una decisione finale sul nuovo ministro degli Esteri. Sempre secondo la fonte, Abbas Araqchi è considerato il candidato più probabile per questo ruolo. Araqchi è uno degli architetti dell’accordo nucleare del 2015 durante il governo del moderato Hassan Rouhani, ed è un politico di lunga esperienza che ha ricoperto incarichi diplomatici come ambasciatore in Giappone e Finlandia.

Il 28 luglio ci sarà l’approvazione formale di Pezeshkian da parte del leader supremo Ali Khamenei, seguita dal giuramento del presidente eletto davanti al parlamento il 30 luglio. È molto probabile che Pezeshkian presenti i suoi candidati ministeriali alla legislatura per la conferma immediatamente dopo l’insediamento.
Il suo primo banco di prova internazionale sarà rappresentato dal suo intervento presso le Nazioni unite dopo l’insediamento.