A nulla sono serviti gli inviti dell’Onu, dell’Ue e anche degli Usa ad evitare prove di forza e provocazioni in clima di tensione alta a Gerusalemme Est – ancora segnata dalle cariche della polizia al corteo funebre della giornalista palestinese Shireen Abu Akleh – perché rischiano di causare un’altra guerra tra Israele e Hamas.

Tra tremila poliziotti schierati ovunque, questo pomeriggio migliaia di attivisti della destra israeliana, in gran parte giovani, con la piena autorizzazione del premier Naftali Bennett, del ministro (laburista) della pubblica sicurezza Omer Barlev, di quello della difesa Benny Gantz e della polizia, terranno la Marcia delle Bandiere attraversando i quartieri palestinesi della città vecchia di Gerusalemme.

L’intento è quello di affermare il controllo di Israele sull’intera città nell’anniversario dell’occupazione della zona est, palestinese, di Gerusalemme avvenuta nel giugno del 1967, con la Guerra dei sei giorni. Al termine di quel breve conflitto, con una decisione unilaterale, Israele dichiarò l’intera Gerusalemme la sua «capitale indivisibile» e nel 2017 ha avuto il riconoscimento dal presidente Usa Donald Trump. Per gli israeliani nel 1967 è la «riunificazione» della città sotto la sovranità dello Stato ebraico e la ricorrenza va celebrata annualmente nel cosiddetto «Giorno di Gerusalemme». Per la comunità internazionale – con rare eccezioni – invece Gerusalemme era e resta una città occupata: lo sanciscono nero su bianco importanti risoluzioni dell’Onu approvate anche dagli Usa.

Siamo di fronte a manifestazione aperta di nazionalismo sfrenato, sostenuta dal primo ministro ed esponente di punta della destra israeliana, Bennett pronto in questi giorni a ribadire che il percorso della marcia sarà attraverso il quartiere musulmano della città vecchia. Così come dal ministro Gantz, che formalmente non è parte della destra. «Terremo qualunque tipo di marcia dove vorremo nella nostra capitale» ha proclamato Gantz, pronto a scommettere che il movimento islamico Hamas non lancerà i suoi razzi verso Gerusalemme come fece durante la Marcia delle Bandiere del 2021.

Fu quello l’inizio di un’escalation durata 11 giorni in cui morirono oltre 250 palestinesi di Gaza sotto intensi bombardamenti aerei e una dozzina di israeliani per i lanci di razzi di Hamas e di altre formazioni armate. «L’anno scorso Hamas lanciò razzi e si rammarica ancora per averlo fatto dopo aver subito le conseguenze della nostra operazione Guardiani delle Mura», ha aggiunto Gantz riferendosi all’offensiva delle forze aeree israeliane su Gaza.

Le certezze del ministro della difesa si scontrano con le notizie che arrivano da Gaza. Partiti e movimenti palestinesi hanno annunciato lo «stato di allerta» e stabilito una «war room» per coordinare una risposta comune alla Marcia delle Bandiere, Hanno anche esortato gli abitanti di Cisgiordania e Gerusalemme Est «a difendere la Spianata della moschea di Al Aqsa». Se il corteo israeliano si dirigerà verso al Aqsa, hanno ammonito, «la polveriera esploderà e incendierà l’intera regione».

Il capo di Hamas all’estero, Khaled Meshaal, ha rivolto un appello a tutti i musulmani in tutto il mondo a scendere in strada ad impegnarsi in quella che ha descritto come la «battaglia della liberazione». Gran parte della popolazione di Gaza non vuole la guerra ma in queste ore si prepara all’urto di un possibile offensiva israeliana. Chi può fa provvista di generi alimentari e di acqua imbottigliata. Pressioni egiziane e del Qatar su Hamas puntano a impedire un nuovo scontro a Gaza, soggetta da 15 anni a un rigido blocco israeliano e già terreno di tre guerre.

«Qui si pensa che la risposta di Hamas dipenderà da ciò che faranno gli israeliani in marcia. Se non cercheranno di entrare su Haram al Sharif (la Spianata, ndr), allora la reazione potrebbe limitarsi al lancio simbolico di qualche razzo verso il sud di Israele», ci diceva ieri un giornalista di Gaza.

Nessuno può prevedere cosa accadrà questo pomeriggio quando migliaia di israeliani, sventolando le bandiere, entreranno nella città vecchia. Il pericolo di violenze è reale. I commercianti palestinesi, lungo il percorso tra la Porta di Damasco e il Muro del Pianto, terranno chiusi i negozi sin dal mattino. Peseranno anche gli slogan, come «Morte agli arabi», che gli attivisti della destra amano scandire quando attraversano in massa Gerusalemme Est.

Per capire che giornata sarà non occorrerà attendere il pomeriggio. Si rischia già questa mattina per la «visita» di Itamar Ben Gvir, leader dell’estrema destra religiosa, sulla Spianata. Nel 2000 la «passeggiata» dell’allora capo della destra Ariel Sharon nell’area delle moschee, in un momento di alta tensione, innescò la seconda Intifada palestinese.