La Corte Suprema ha chiuso i battenti dell’anno 2021/2022, deliberando su altri due temi chiave: difesa dell’ambiente e diritto dei migranti. Nella prima sentenza la Corte ha posto un limite ai poteri dell’Environmental Protection Agency (Epa), l’Agenzia federale per l’ambiente, nella lotta contro le emissioni di gas serra. Per i giudici supremi, l’agenzia non avrebbe l’autorità necessaria per regolare le emissioni che contribuiscono al riscaldamento globale.

«L’AGENZIA non può adottare da sola questi provvedimenti» ha dichiarato il presidente della Corte suprema, John Roberts, leggendo il verdetto raggiunto con il solito 6-3, in cui si sostiene che è compito del Congresso esprimersi su questo punto. Il giudice liberal Elena Kagan, in dissenso sul verdetti, ha scritto che a seguito di questa decisione l’Epa si troverà senza il potere che proprio il Congresso le aveva dato per rispondere alla «sfida ambientale più urgente del nostro tempo», e che la Corte con questa mossa si é di fatto auto-nominata «decisore della politica climatica».

La sentenza é arrivata a seguito di una causa avviata da un gruppo di Stati a guida repubblicana, che si sono uniti ad alcune grandi compagnie del carbone, ma le radici della questione risalgono all’era Obama che, nel 2015, aveva approvato il Clean Power Act, un tentativo di imporre a livello statale l’obbligo di ridurre le emissioni delle centrali elettriche, al fine di ridurre le emissioni inquinanti del 32% entro il 2030.

NEL 2016 la Corte suprema bloccó il provvedimento. Trump età poi intervenuto sostenendo che l’Epa poteva regolamentare solo le emissioni di una centrale specifica, e non approvare delle linee guida generali, ma il provvedimento del tycoon era stato bloccato dalla Corte d’appello, proprio l’ultimo giorno della sua amministrazione. Ieri la Corte suprema ha ribaltato nuovamente le carte, in anticipo sulla prevista approvazione del nuovo piano «verde» di Biden, e infliggendo cosí un colpo notevole agli sforzi dell’amministrazione dem di combattere il cambiamento climatico.

DOPO L’ANNUNCIO Biden ha definito la sentenza «una nuova decisione devastante della Corte Suprema, che cerca di far regredire il nostro Paese», e ha promesso di usare tutti i poteri presidenziali per arginare il danno, ma le implicazioni della decisione della Corte Suprema sull’ambiente, come quelle sull’aborto o sulle armi, vanno oltre le misure climatiche. Ormai è politica pura.

Riguardo i richiedenti asilo, la Corte Suprema ha invece stabilito che il preside ha l’autorità di abolire il provvedimento “Remain in Mexico” voluto da Trump nel 2019, che obbliga i richiedenti asilo a restare in patria fino a che le loro pratiche non vengano espletate. Secondo l’amministrazione Biden questa norma mette a rischio i migranti, costretti ad aspettare i tempi della burocrazia.

A CHIUSURA della giornata, mentre la giudice democratica Ketanji Brown Jackson prestava giuramento, diventando ufficialmente la prima afroamericana a fare parte della Corte Suprema, venivano annunciati i casi per il prossimo autunno. Il più spinoso riguarda il gerrymandering, la manipolazione dei confini dei distretti elettorali ridisegnati dal Gop per cercare di vincere a tutti i costi. Il caso si basa su una mappa di voto della Carolina del Nord, e potrebbe aumentare l’influenza dei legislatori statali sulle elezioni federali, conferendo agli Stati il potere di stabilire regole elettorali in conflitto con le costituzioni dello stesso Stato. Un via libera alla legge (elettorale) del più forte.

La Corte ha invece respinto il caso dello Stato di New York che vorrebbe imporre il vaccino per il Covid a chiunque lavori nella sanità. Il giudice Clarence Thomas ha motivato il suo dissenso così: i vaccini per il Covid sono stati sviluppati con l’uso di «bambini abortiti».