La postazione del candidato Vannacci generale Roberto nelle liste leghiste non era ancora definita e già volavano gli stracci nel centrodestra e nella stessa Lega. Ora che è nota la posizione di capolista al Centro le polemiche non si attenueranno. Data la verve battagliera dell’alto ufficiale probabilmente si infiammeranno anche di più. A FdI quella candidatura che li sfida a destra non piace e meno di tutti piace al ministro della Difesa Guido Crosetto che il graduato in odore di omofobia, misoginia e razzismo non lo ha mai sopportato. Il ministro va giù col sarcasmo: «Sarà eletto e sarà un bene per l’esercito».

Il neocandidato lo rimbecca: «Il sarcasmo lo lascio a lui». Il vicesegretario della Lega Andrea Crippa, quello che quando c’è aria di rissa lo chiamano di corsa, è più ruvido: «Visto che Guido Crosetto ha tanto seguito in Leonardo e nelle Forze armate si misuri in campagna elettorale».

ANCHE I PEZZI GROSSI della Lega fanno sapere che non sceglieranno il candidato acchiappavoti. Dopo Gian Marco Centinaio, però con maggior garbo, ieri è stato il turno del governatore del Friuli Massimiliano Fedriga: «Sono contento dei candidati del mio territorio e voterò per loro». Ma le voci critiche, e spesso francamente imbufalite, nella Lega sono innumerevoli. L’interessato non si scompone: «Affari loro e tanti auguri. Io non faccio parte della Lega, sono un indipendente. Discutessero tra loro». Per il momento, comunque il generale resta nell’esercito: «Se sarò eletto, e non è detto perché la battaglia comincia ora, deciderò se lasciare o mettermi in aspettativa».

CON L’ARRIVO del generale, dopo quello dell’azzurro Antonio Tajani e della segretaria del Pd Elly Schlein, quasi tutte le incognite sulle presenze eccellenti in lista elettorale sono state chiarite. Resta un punto interrogativo ma solo per modo di dire: domani, al termine della convention programmatica di FdI a Pescara, Giorgia Meloni annuncerà la candidatura in tutte le circoscrizioni. L’affollamento sarà dunque al Centro perché qui la premier avrà di fronte due sfide dirette: con la rivale Schlein e con il generale che mira a superarla a destra.

«Non è affatto vero che con Vannacci la Lega diventa più di destra. Abbiamo sempre candidato chi è disposto a impegnarsi per il Paese», obietta il viceministro Edoardo Rixi. Probabile che non ci creda neppure lui: il segno della candidatura Vannacci è evidente e proprio i tratti di quella candidatura la rendono essenziale per un Matteo Salvini mai così traballante, al quale un risultato negativo alle elezioni europee darebbe il colpo decisivo.

Che il motivo principale per cui il Capitano si appiglia al generale sia la funzione acchiappavoti è fuori dubbio. Lo ha ammesso lui stesso nelle discussioni infervorate delle settimane scorse, rispondendo a critiche e obiezioni. Bottino grosso, un potenziale addirittura di 800mila voti, almeno stando ai suoi conti, più o meno il 3% salvo crollo dell’affluenza, nel qual caso però la lucrosa percentuale s’impennerebbe ulteriormente. Tanto da mettere la Lega al riparo dai due esiti che potrebbero costare il posto al leader: un risultato molto al di sotto delle due cifre e il sorpasso, oggi per nulla irrealistico, di Forza Italia.

MA IL GENERALE, con la sua visione del mondo apertamente e orgogliosamente reazionaria, non è solo questo: è la conferma della definitiva identificazione del Carroccio come forza di destra radicale, cosa che Umberto Bossi aveva sempre evitato, come Lega nazionale che conferma e completa lo svincolamento dalle origini nordiste, come partito d’opinione invece che di rappresentanza di interessi. In una parola, è l’emblema perfetto per il progetto di Salvini. Se non sfonderà a finire sfondato sarà quel progetto.