L’annuncio corale dell’inizio della controffensiva ucraina non convince. Assomiglia più a un modo per tenere alta l’attenzione in Occidente, per dire agli alleati «ci siamo quasi, non distraetevi». E per confondere l’avversario, alle prese con l’intensificarsi progressivo degli attacchi sul suolo russo.
Anche perché ieri si sono scomodate tre figure di altissimo livello che ricoprono altrettanti ruoli simbolici. Primo: il potere militare. Il comandante in capo delle forze armate ucraine, Valeriy Zaluzhny, che tra l’altro fa la sua riapparizione in rete dopo che i russi l’avevano dato per convalescente in seguito a delle gravi ferite alla testa. Zaluzhny ha pubblicato un video su Telegram nel quale alcuni soldati pregano nel tipico atteggiamento dei reparti che si preparano alla battaglia. La frase che il generalissimo aggiunge non lascia adito a dubbi: «È ora di riprenderci ciò che è nostro».

SECONDO, il potere politico. In un’intervista al Guardian il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak ha spiegato che le operazioni preliminari per la controffensiva sono già state avviate. «È un processo complicato, che non è questione di un giorno o di una certa data o di una certa ora» afferma Podolyak, «alcune manovre sono già in corso, come la distruzione delle linee di rifornimento o gli attacchi a depositi dietro le linee». Inoltre, «l’intensità sta aumentando, ma ci vorrà un periodo di tempo piuttosto lungo». Insomma, si potrebbe parafrasare, non aspettatevi una cavalcata trionfale come lo scorso autunno.
Terzo, il raccordo tra i due. Il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza Oleksy Danilov ha dichiarato alla Bbc che l’Ucraina è pronta a lanciare la controffensiva, sottolineando altresì che il suo governo non ha «il diritto di sbagliare» sulla decisione perché è una «opportunità storica che non si può perdere».

ALTRE TESTATE hanno poi ripreso tali dichiarazioni e le hanno legate agli attacchi in territorio russo o occupato, dichiarando che effettivamente la manovra è iniziata. Fonti russe sostengono che due droni hanno attaccato la sede di una società di oleodotti nella regione russa di Pskov, vicino alla frontiera bielorussa. Per due volte sono poi state segnalate forti esplosioni nella zona di Berdyansk, una parte dell’oblast di Zaporizhzhia attualmente occupato dalle forze di Mosca. Secondo i media ucraini, l’obiettivo era una base russa dove si trovano «un gran numero di truppe del Cremlino». Belgorod è stata colpita di nuovo, ha scritto online il governatore locale, Vyacheslav Gladkov, e a Mariupol si sono registrate «3 forti esplosioni» ma, probabilmente, si è trattato della contraerea russa.

IL FATTO SINGOLARE è che per la prima volta è Mosca a diramare un bollettino nel quale enumera la quantità di droni e missili della controparte abbattuti (12 in 24 ore, più 2 missili da crociera).
Un ulteriore dato importante riguarda le trattative per la pace. Ieri un alto funzionario dell’Ue ha dichiarato all’Ansa che «in nessun momento» l’inviato speciale del governo cinese per gli Affari eurasiatici, Li Hui, «ha detto o lasciato intendere» che l’Ucraina dovrebbe lasciare alla Russia i territori occupati. Il che smentisce completamente le dichiarazioni russe di venerdì. Pechino, per ora, tace.