La conquista dello spazio vitale
Storie Un’astronave di proprietà di Elon Musk sale fino alla Stazione spaziale internazionale per spostarla dalla sua orbita. È solo un test, ma la privatizzazione della galassia è cominciata
Storie Un’astronave di proprietà di Elon Musk sale fino alla Stazione spaziale internazionale per spostarla dalla sua orbita. È solo un test, ma la privatizzazione della galassia è cominciata
Per la prima volta, ieri un’astronave privata si è agganciata alla Stazione Spaziale Internazionale e ha acceso i motori per spostarla dalla sua orbita. È solo un test per un’operazione che va ripetuta periodicamente: la Stazione rallenta impercettibilmente a causa delle rare particelle sfuggite all’atmosfera che incontra sul suo percorso e di tanto in tanto va ricollocata alla sua altitudine di circa 400 chilometri dalla Terra. Negli ultimi anni questa operazione è stata effettuata dai russi della Roscosmos. Ma in futuro sarà la Dragon, il veicolo della SpaceX di Elon Musk, a correggere l’orbita. È la prima fase della missione che porterà la Iss definitivamente fuori dalla sua orbita intorno al 2030, data fissata per lo smantellamento della stazione – un altro compito affidato alla società di Musk. Ma è anche la prova della sempre maggiore rilevanza del miliardario sudafricano nelle operazioni della Nasa.
ATTUALMENTE sono le navette di Musk a portare astronauti e viveri su e giù dalla Iss. I razzi e le navette del miliardario sudafricano hanno un ruolo decisivo anche nel progetto Artemis con cui la Nasa punta a mettere una stazione orbitale intorno alla Luna, che servirà come avamposto per future passeggiate umane sulla Luna. Il ritorno di Trump a Washington è contribuirà a rafforzare ulteriormente i piani di SpaceX e del suo proprietario, la cui influenza alla Casa Bianca è data in netta crescita. Dopo aver finanziato la campagna elettorale repubblicana, «Musk ha chiesto a Trump di attribuire posizioni di vertice al governo a diversi dirigenti della SpaceX nel settore della difesa», ha rivelato una fonte al New York Times. A ben vedere, tuttavia, Musk ha saputo muoversi con grande abilità anche durante l’amministrazione democratica guidata da Joe Biden.
ANCHE SE IL TEMA della privatizzazione dell’esplorazione spaziale è di grande attualità, non è una novità che la Nasa abbia stretti rapporti con le imprese. Anche prima di SpaceX l’agenzia ha sempre speso buona parte del suo budget per acquistare razzi, navette e moduli spaziali da compagnie private. Sin dalle missioni Apollo i partner storici dell’agenzia sono state un pugno di grandi aziende fortemente integrate con l’apparato militare statunitense, in grado di gestire dossier delicati per la sicurezza nazionale e in cambio generosamente finanziate con denaro pubblico. Secondo i bilanci, anche nel primo quadriennio trumpiano i principali fornitori della Nasa erano stati Boeing, Lockheed Martin e Northrop Grumman, società da oltre centomila dipendenti ciascuna in regime di sostanziale oligopolio. A fine 2020, SpaceX era solo il sesto partner privato dell’agenzia, dai cui appalti aveva ricavato meno di un miliardo l’anno, meno della metà della Boeing.
NEGLI ULTIMI ANNI però la riorganizzazione del rapporto tra pubblico e privato ha accelerato e nel riassetto Musk ha guadagnato più di tutti. Il sorpasso di SpaceX, un’azienda da circa diecimila dipendenti, ai danni delle vecchie corporation è avvenuto negli ultimissimi anni: a fine 2023 aveva ricevuto oltre due miliardi di commesse dalla Nasa, più del terzetto Boeing, Northrop e Lockheed. Cos’è cambiato? Il peso del bilancio della Nasa sulla spesa pubblica statunitense è in costante calo dal 1991. Oggi è dieci volte inferiore rispetto ai giorni gloriosi dell’allunaggio (e della Guerra Fredda). La ristrutturazione finanziaria ha imposto una revisione del ruolo dell’agenzia: essa rimane un formidabile erogatore di soldi pubblici ma mette a bando i suoi progetti e fissa in anticipo i fondi a disposizione dei fornitori, che dunque devono assumersi una parte del rischio di impresa e competere tra loro.
QUESTO NUOVO panorama favorisce aziende dinamiche come la SpaceX di Elon Musk o la Blue Origin del patron di Amazon Jeff Bezos, entrata per la prima volta nel 2023 nel club dei primi dieci fornitori della Nasa. Si tratta di società snelle, nate e cresciute nel brodo culturale delle start-up, che rispondono a un miliardario mosso da obiettivi personali che pochi consigli di amministrazione asseconderebbero (e infatti nessuna delle due è quotata a Wall Street). E, in più, assai abili nella comunicazione, Bezos col Washington Post – a cui ha vietato un pubblico sostegno a Harris – e Musk su twitter e ancora prima con i video virali dei suoi coreografici razzi e delle Tesla in volo verso Marte. La pubblicità spaziale serve a vendere servizi ai cittadini: Starlink, la rete internet satellitare di Musk, con quattro milioni di abbonati è già il leader in questo settore di mercato. In più attira altri miliardari megalomani interessati al turismo spaziale e disposti a spendere decine di milioni per un posto in volo sub-orbitale.
L’ASCESA DI MUSK sta mettendo in crisi persino il gigante Boeing. Dopo le disavventure per i ripetuti incidenti agli aerei di linea, anche il primo trasporto di astronauti verso l’Iss sulla navetta Starliner realizzata dalla Boeing è stato un mezzo fallimento. Un incidente durante il viaggio di andata ha spinto la Nasa a cambiare i piani di ritorno: invece degli otto giorni previsti, i due astronauti Sunita Williams e Butch Wilmore rimarranno sulla Iss per otto mesi in attesa che una navetta SpaceX li riporti a casa, dato che la Nasa non ritiene sicura la Starliner. Per lo smacco Boeing starebbe seriamente valutando la vendita della divisione spaziale. «Dopo aver portato il primo uomo sulla Luna, ora vuole abbandonare la corsa allo spazio» ha scritto il Wall Street Journal pochi giorni fa.
IL SECONDO quadriennio Trump apre grandi prospettive alle avventure spaziali di Musk. Con un ottimo amico alla Casa Bianca e il maggiore rivale in difficoltà, è prevedibile che SpaceX diventi ancora più centrale nei programmi spaziali statunitensi. L’ascesa di Musk nelle istituzioni fa ben sperare tutta la Silicon Valley. Il distretto dell’elettronica e dell’informatica californiana è storicamente legato alle commesse del settore militare. «C’è un consenso unanime favorevole a spostare gli investimenti pubblici dalle costose infrastrutture delle grandi aziende alle più economiche armi a controllo autonomo prodotte dalle società emergenti», ha confessato alla rivista Forbes un importante fondo di investimento con interessi nel settore militare. Anche con un’amministrazione democratica Musk avrebbe potuto svolgere questo ruolo da super-lobbista. Ma un’ex-magistrata alla Casa Bianca non sarebbe stata una prospettiva gradita, viste le indagini in corso sull’acquisizione di twitter/X e sulle interferenze politiche via social di Musk. Con Trump nella Stanza Ovale anche i giudici non saranno più un problema. L’amico Donald lo può testimoniare.
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