La Corte suprema russa ha dato il suo assenso al salto nel passato proposto dalla politica del Cremlino. Da ieri il «movimento internazionale Lgbtq+» è una «organizzazione estremista». In un’udienza a porte chiuse, i giudici hanno dato ragione alla causa intentata dal ministero della Giustizia che accusava il «movimento Lgbtq+» di incitare alla discordia sociale e religiosa. Attivisti, artisti, giornalisti o semplicemente persone della comunità ora rischiano davvero.

ESSERE CONSIDERATI parte di un’organizzazione estremista, secondo il diritto penale russo, è un reato grave, punibile con una pena fino a 12 anni di carcere. Le pene sono abbastanza arbitrarie e non è un caso, tali reati sono pensati per impedire l’espressione di dissenso, anche del più innocuo, e per essere giudicati in modo più o meno severo a seconda delle necessità. Tanto, come sappiamo bene dalle inchieste di Anna Politkovskaja, «si fa sempre in tempo a trovare un’aggravante, un falso testimone, una prova emersa, non si sa come, poco prima del pronunciamento dei giudici». Da ieri esporre una bandiera arcobaleno potrebbe determinare fino a 15 giorni di reclusione, la prima volta. Dalla seconda in poi, si rischiano fino a 4 anni. Si noti che gli stessi attivisti coinvolti dalla decisione della Corte suprema avvertono che in realtà i simboli punibili potranno anche essere solo vagamente somiglianti a quello universalmente riconosciuto. E dato che si tratta dell’arcobaleno, l’ironia in questo caso è quantomai nera. La settimana scorsa, forse immaginando la decisione della Corte, un canale televisivo nazionale russo ha rimosso un arcobaleno presente in un pezzo di musica K-pop (il pop coreano molto popolare tra i giovani russi e non solo), provocando la richiesta della Duma russa di dichiarare ufficialmente che non esiste alcun legame tra gli arcobaleni e la comunità Lgbtq+.

E ALLE MAESTRE che chiedono ai bambini dell’asilo di disegnare un cielo primaverile con un bell’arcobaleno? Ai fisici che studiano i fenomeni della rifrazione ottica? Oppure a un adolescente con la maglietta dell’album The Dark Side of the Moon? Per non parlare dei film, delle opere teatrali, dei romanzi, delle canzoni, della vita culturale e privata di milioni di individui.
Il discorso sembra grottesco, ma lo è soltanto se si accetta questa decisione kafkiana come normale. Oltre al carcere, una persona sospettata di essere parte di «gruppo estremista» può essere inserita nella «lista degli estremisti» a livello nazionale e non avere più accesso al proprio conto bancario, al lavoro o ai servizi pubblici. I condannati non possono candidarsi a cariche pubbliche. E guarda caso in Russia il 17 marzo 2024 si vota. Non che un politico apertamente omosessuale potesse impensierire il leader di ferro che sta guidando il Paese nella lotta contro gli occidentali «satanisti» e traviati dalle lobby gay o massoniche, ma comunque i movimenti per i diritti civili della comunità Lgbtq+ sono stati in anni recenti tra i più attivi in Russia. Inasprite le pene per il dissenso politico, restava quello civile, nonostante la legge contro la cosiddetta «propaganda gay» del 2013 fosse già abbastanza rigida e accomunasse in molti punti omosessualità e pedofilia.

«L’ASSALTO ai diritti Lgbtq+ è diventato un simbolo del rifiuto russo dei diritti umani universali, in quanto il governo posiziona la Russia come difensore dei cosiddetti valori tradizionali in opposizione all’Occidente collettivo» ha dichiarato Tanya Lokshina, direttrice associata per l’Europa e l’Asia centrale di Human Rights Watch, «le persone Lgbt russe hanno bisogno di sostegno, ora più che mai». «I paesi di tutto il mondo e in particolare gli stati membri dell’Ue» si legge in un comunicato diramato ieri dall’associazione «dovrebbero fornire un rifugio sicuro agli attivisti Lgbtq+ che sono costretti a fuggire dalla Russia di fronte a procedimenti penali o altre gravi minacce». Intanto la Russia di Putin si allontana sempre di più da noi. Il muro che il capo del Cremlino sta erigendo è culturale prima che economico o geopolitico e la guerra in Ucraina è solo l’aspetto più brutale ed evidente di questa nuova separazione alle soglie dell’Europa orientale.