Cultura

Cina, dai Maopai del web alla potenza del capitalismo

Cina, dai Maopai del web alla potenza del capitalismoDa «Red» di Wei Hui

Convegni Un seminario dedicato al Paese di Mezzo, presso il dipartimento degli studi orientali dell'università La Sapienza di Roma. In ricordo di Angela Pascucci, redattrice e inviata de «il manifesto» che ha indagato a fondo la società e la politica cinese

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 2 febbraio 2019

Corrono, si toccano il busto nudo, mettono in fila i corpi, ridono e recitano, danzano: sono i contadini migranti cinesi, i nonmingong che in centinaia di milioni hanno abbandonato a forza le campagne devastate della nuova Cina denghista per lavorare nelle iper-fabbriche mondiali dislocate prima nelle zone speciali, poi un po’ dappertutto; loro i dimenticati da tutti, ma i protagonisti del mega-sviluppo cinese che l’ha trasformata – grazie al loro sfruttamento – nella prima potenza capitalistica mondiale; qui in questo video si rappresentano da soli in un grande capannone della periferia urbana, organizzati dalla performer e danzatrice Wen Hui. Le immagini scorrono dal computer allo schermo in una sala dell’universita di Roma. Uno spettacolo e un lavoro il suo di pratica corporale dentro il quotidiano, di indagine; e che chiamando in prima persona sulla scena i protagonisti, ci ricorda subito la redattrice e inviata de il manifesto Angela Pascucci – autrice di due testi fondamentali, Talkin’China e Potere e società in Cina – che ci ha lasciato nell’aprile 2018.

COSÌ, DOVEVA ESSERE una iniziativa accademica solo per ricordarla, invece il seminario che si è svolto in questi giorni alla Sapienza di Roma, al Dipartimento di studi orientali alla presenza di tanti studenti e di molte presenze significative della sinologia italiana, è stato un vero approfondimento: sulla Rivoluzione culturale e su Mao, argomenti della nuova sinistra cinese che va da figure come Wang Hui alla rivista Utopia e ai gruppi dei Maopai (sostenitori di Mao) molto presenti su web; su quel che resta del Muro della democrazia e di Bei Dao che si richiamava a un umanesimo marxista; sulla strage della Tian An Men del 1989 della quale si continua a tacere in patria; sul caso Bo Xilai; su Xi Jinping che tiene saldo il potere basando la propria politica sul richiamo alla complementarietà dei due periodi, prima e dopo la modernizzazione, ma ora la sua «nuova era» di fatto ridimensiona Deng ed eleva il pensiero di Mao; sul collante del nazionalismo come sostrato che tiene in piedi la società; sulla ripresa di attenzione a Confucio, che si diffonde quasi come «religione» di Stato che ben si confà alla «comunità del destino condiviso» lanciata da Xi…

ANGELA NE SAREBBE STATA contenta. Perché in suo nome sono state rievocate e affrontate quasi tutte le questioni che riguardano l’attualità della Cina e con esse il nodo che rappresenta il «Paese di mezzo» attualmente nel mondo. Del resto, non poteva essere diversamente. Perché proprio questo è stata la ricerca incessante che per trenta anni la redattrice e inviata de il manifesto ha condotto con rigore. Cercando di far interagire la scoperta del nuovo con i processi storici della realtà.

HANNO APERTO la giornata il saluto sul suo «contributo sinologico» della docente Gaia Perini, collaboratrice di Angela, e quello di Enzo Naso, marito e compagno di una vita, che ha ricordato come tutto abbia avuto inizio nel 1984, in un viaggio fatto insieme in un periodo decisivo nel quale, di fatto, si avviava concretamente la svolta capitalista voluta da Deng Xiaoping, che cancellava la collettivizzazione delle terre la realtà di 60mila Comuni popolari e si aprivano le Zone speciali, permeabili all’intervento del capitalismo internazionale; dopo la sconfitta della Rivoluzione culturale, i tentativi di prendere il potere di Lin Biao e soprattutto dopo la morte di Mao nel 1976 e il ritorno sulla scena di Deng Xiaoping e l’avvento di Zhao Ziyang. È l’anno in cui Angela attraversa la Cina per la prima volta, partendo dalle sedi universitarie – non erano forse state tra le «basi» principali delle guardie rosse? – fino all’attraversamento profondo, sui battelli che lungo l’immenso Yangtze Kiang e prima della mega-diga sulle sue Gole, da Chongqing ancora arrivavano direttamente a Shanghai dopo un viaggio di quasi una settimana.

LE DOMANDE POSTE tantissime, ma molte risposte restano inevase e presenti nell’attualità dei nostri giorni. Straordinari i contributi al seminario: in videoconferenza è intervenuto da Parigi il sinologo Jean-Philippe Béja sulle vicissitudini del movimento per la democrazia; «Non solo celebrazioni per la politica di apertura e riforme» è stato il tema della comunicazione della docente Marina Miranda che ha aperto squarci su una stagione di conflitti; Alessandra Lavagnino è intervenuta su «dalla rimozione del passato all’invenzione della tradizione» raccontando di un singolare convegno tenuto a Nishan, la sua città natale, su Confucio a fine 2018; preziosa la relazione di Maria Rita Masci sulla scena letteraria delle riforme «dagli Occhi neri di Gu Cheng alle Colonne di ghiaccio di Can Xue»; poi ha concluso Alessandra Brezzi su «storia, memoria e corpo, l’opera di Wen Hui dagli anni Novanta a oggi».
Una conclusione suggestiva. Tra la riabilitazione ballata del distaccamento delle «guardie rosse dell’Opera di Pechino» e l’agitarsi dei corpi dei migranti contadini che ridendo, battendosi il torso nudo come tamburi, mettono in scena il loro sradicamento doloroso, abbiamo rivisto il lavoro della «performer» Angela Pascucci.

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