Mantas Kvedaravicius non si accontentava di assistere agli eventi. Vedere, osservare, non era sufficiente. Voleva capire. E per capire scavava. Scavava dentro al buio e alla luce, e attraverso l’accumulo di immagini creava significanti, strazianti e crudeli poemi che riferivano dell’assurdità di questo nostro folle mondo in fiamme. In alcune delle situazioni più conflittuali, “calde”, quelle vicine a esplodere, lui era lì, anche a rischio della propria incolumità, danzando con la morte, affamato, alla ricerca – forse – di un senso nelle cose, di un qualche genere di risposta a quesiti troppo grandi. L’atto della visione coincideva per lui con...