Tra le 5 e le 6 del mattino di ieri diversi colpi d’artiglieria pesante hanno destato Kramatorsk, capitale della parte ucraina della regione di Donetsk. Era da qualche giorno che il centro della città veniva risparmiato mentre i bombardamenti continuavano nelle aree periferiche e nei villaggi limitrofi. Ieri, invece, la guerra è tornata a far sentire la sua presenza spaventosa tra i cortili dei palazzi di epoca sovietica.

Non che gli abitanti del Donbass non siano abituati, tuttavia il contesto delle diverse città è molto differente. Qui a Kramatorsk almeno la metà dei civili rimasti non ha abbandonato la propria casa. Qualcuno usa le cantine condominiali durante la notte, ma si tratta di locali bassi situati alla fine di una scalinata ripida e stretta alla quale si accede da una porta di ferro sotto la tromba delle scale dell’edificio.

SONO TUTTE così, si incontrano in ogni palazzo della regione, prima della guerra anche Mariupol ne era piena. A Kramatorsk si resiste in casa, gli spostamenti sono limitati alle necessità più stringenti e di notte non c’è neanche una luce accesa alle finestre. Raramente capita di vedere sulla facciata del palazzo di fronte il profilo di qualche volto, magari illuminato dal basso dalla luce tenue di uno smartphone, o arrossato dalla combustione di una sigaretta.

L’esercito russo è ancora distante da Kramatorsk e dalla vicina Slovjansk, le due città principali dell’oblast. A nord il fronte è a poca distanza da Izyum e a est si trova all’altezza di Lyman. Qui ieri sono morte altre tre persone nei bombardamenti russi. Per tre giorni di fila ci siamo presentati con alcuni colleghi all’ingresso della cittadina e dopo lunghe attese la risposta è stata sempre la stessa: «Niet». «Troppo pericoloso – dicono i militari – bombardamenti intensi».

Era così anche una settimana fa, ma si poteva entrare. Negli ultimi giorni capita di vedere anche dei civili ucraini costretti a fare dietro-front allo stesso checkpoint dove noi eravamo in attesa. Nel frattempo, piccoli autobus organizzati dall’amministrazione locale e da ong provano a caricare quante più persone possibili.

IERI MATTINA un signore in ciabatte e tuta sportiva che aveva tutta l’aria di essere passato dal letto alla macchina senza neanche guardarsi allo specchio, si è fermato al posto di blocco in uscita da Lyman per presentare i documenti e chiedere indicazioni ai militari sulla strada più sicura per Dnipro.

Sul sedile del passeggero sedeva la moglie che guardava tutta la scena con attenzione e dai finestrini si intravedeva che i sedili posteriori erano pieni di buste, coperte, vestiti e altri oggetti gettati alla rinfusa. Mentre l’uomo mostrava il passaporto gli tremava la mano, i suoi movimenti erano frenetici e nervosi. Con ampi gesti delle braccia ha ripetuto le indicazioni dei militari ed è salito in macchina sgommando via. «Chissà cos’è che l’ha spaventato a tal punto», ha detto ad alta voce un collega mentre guardavamo la Lada blu allontanarsi.

A poca distanza da quel luogo, in un ampio piazzale a un incrocio, un autobus giallo e blu con la scritta «Evacuazione» bene in vista su tutti i lati aspettava che alcuni civili di tre villaggi differenti arrivassero per partire alla volta di Dnipro.

«Ogni giorno si convince qualche persona in più a partire – ha spiegato il ragazzo con il codino al volante – ma non è detto che quando loro si decidono l’autobus sia ancora disponibile, purtroppo non possiamo farci niente; questi viaggi sono rischiosissimi».

DNIPRO al momento è percepita dai più come il primo porto sicuro fuori dal Donbass. Per spostarsi a ovest si deve passare giocoforza da lì e anche per proseguire verso nord, alla volta di Kharkiv e delle aree riconquistate dall’esercito ucraino, è obbligatorio transitarvi. Considerando i posti di blocco sono circa 4 ore e in tutto il Donbass la benzina è merce rara.

Ci si accorge che una stazione di servizio è aperta dalla coda di auto in attesa e, in ogni caso, potrebbe capitare che le scorte finiscano prima che arrivi il proprio turno. Molti hanno raddoppiato i prezzi che ora superano le 60 grivne, due euro al litro. Eppure avere carburante è fondamentale per fuggire qualora fosse necessario e quindi ci si mette in fila e si aspetta. Nessuna città in Ucraina è davvero al sicuro, neanche Dnipro. Secondo fonti russe, un aeroporto nei pressi della città sarebbe stato colpito dall’artiglieria dell’esercito di Mosca e due aerei da caccia ucraini sarebbero stati distrutti.

Tuttavia, la situazione a Lyman sembra giunta a un punto critico e queste evacuazioni dell’ultima ora sembrano confermarlo. Più a est, Severodonetsk e Lysychansk sono quasi nella stessa condizione ma, trattandosi di città significativamente più grandi e popolose, l’attenzione mediatica è molto maggiore. Anche qui l’impressione è che da un momento all’altro potrebbe arrivare notizia del tentativo di sfondamento della fanteria russa.

Lungo il fonte sud, a Zaporizhzhia, Melitopol, Kherson e Mykolayiv la situazione non è migliore. Oggi l’amministrazione regionale di Zaporizhzhia ha diffuso su Telegram la notizia che dei guerriglieri ucraini avrebbero ucciso diversi ufficiali russi di alto rango a Melitopol.

LE STESSE FONTI hanno dichiarato che «gli occupanti stanno cercando di nascondere la situazione, ciononostante hanno controllato più attivamente le auto private in città negli ultimi giorni, probabilmente alla ricerca dei miliziani ucraini». Il comando russo non si è espresso sulla presunta uccisione di altri ufficiali negli ultimi giorni: la notizia al momento resta non confermata.

A Kherson le forze ucraine avrebbero distrutto due depositi di munizioni russe. Secondo il Comando Operativo Sud dell’Ucraina i due depositi di munizioni distrutti il 17 maggio si trovavano nei pressi dei villaggi Piatykhatky e Stepanivka. Ciò confermerebbe che gli ucraini stanno effettivamente bombardando il territorio di Kherson e che le accuse russe in questa regione non erano del tutto infondate. A poca distanza, nella città di Mykolayiv, un missile ha colpito un’area residenziale nella parte ovest del centro urbano distruggendo diverse case e ferendo dei civili.