Kirill Serebrennikov: «Si sta realizzando il sogno di Limonov: il ritorno dell’Urss»
Cannes 77 Il regista russo ha presentato alla stampa "Limonov - The Ballad", adattamento dal romanzo di Emmanuel Carrère. La guerra in Ucraina ha trasformato il film, racconta, e chiede la liberazione delle drammaturghe Evguénia Berkovitch e Svetlana Petriïtchouk
Cannes 77 Il regista russo ha presentato alla stampa "Limonov - The Ballad", adattamento dal romanzo di Emmanuel Carrère. La guerra in Ucraina ha trasformato il film, racconta, e chiede la liberazione delle drammaturghe Evguénia Berkovitch e Svetlana Petriïtchouk
«Il cinema non può fermare le guerre. Eppure, sarò forse un romantico, ci credo ancora». Sono le parole a caldo di Kirill Serebrennikov a Cannes, dopo i titoli di coda della prima di Limonov – The Ballad, il film con cui torna in concorso al festival a due anni di distanza da La moglie di Tchaikovsky.
L’adattamento dal romanzo di Carrère, incentrato su una figura controversa come Limonov che, pure, ha incarnato molte delle contraddizioni della cultura russa, ha posto non poche sfide al regista.
«Quando abbiamo iniziato a lavorare al film, nel 2020, non sapevamo che raccontare questa storia sarebbe stato così rilevante» afferma Serebrennikov in un incontro ristretto con la stampa italiana. «Con Ben Whishaw abbiamo iniziato a lavorare alla figura dello scrittore punk controverso, poi è scoppiata la guerra in Ucraina. Per me è stato un evento molto doloroso, mi ha stravolto la vita, ho lasciato la Russia – Serebrennikov vive attualmente a Berlino, ndr – e anche il film ne è uscito trasformato». Una versione confermata anche dall’attore britannico Whishaw, che interpreta Limonov nel film. «Quando abbiamo iniziato, il mondo era diverso. Alcuni aspetti del personaggio che prima sembravano affascinati, dopo lo scoppio della guerra in Ucraina non lo erano più. Ma per me, in quanto attore, era importante non giudicare Limonov, e cercare di capire le sue emozioni».
LE DOMANDE dei giornalisti incalzano ancora Serebrennikov – uno dei pochissimi russi a circolare attualmente nei festival proprio per le sue posizioni avverse al governo putiniano – sul tema della guerra.
«Migliaia di persone stanno dicendo: vi prego, fermatevi. Ma purtroppo il potere non ascolta. Pensate che due drammaturghe, Evguénia Berkovitch e Svetlana Petriïtchouk – il regista mostra anche, in conferenza stampa, la loro foto – sono in prigione da più di due anni solo per aver messo in scena uno spettacolo sul terrorismo, Finist Yasnyy Sokol, che peraltro ha anche vinto il premio teatrale nazionale. Perché siamo così impotenti davanti al male?».
Il regista è poi tornato sul personaggio di Limonov, e sugli aspetti più indigesti della sua attività politica.
«In effetti, si sta realizzando ciò che lui avrebbe voluto vedere, il ritorno dell’Urss. Limonov era un anti tutto, un anti-eroe, voleva distruggere ogni catena, conteneva tutto e il suo contrario all’interno della propria personalità, questo mi affascinava e lo rendeva interessante da ritrarre artisticamente. Comunque, quello nel film è il personaggio ispirato al libro di Carrère e non il Limonov realmente esistito, è una semi-fiction. Portare sullo schermo il riflesso di questo riflesso, è stata una sfida».
Il regista rivela infine che il suo prossimo film sarà un adattamento del libro La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez: ancora una storia di esilio, tema tristemente prossimo al vissuto attuale del regista.
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