Con una nota sul suo sito internet ufficiale, l’agenzia di intelligence del ministero della Difesa ucraino ha fatto sapere che i militari della 64esima brigata russa impiegati a Bucha sono ancora in stato di combattimento e sono pronti a rientrare nel paese.

IL SITO DICE TESTUALMENTE: «Il comando russo non ruoterà il personale di questa unità, che sarà spedito di nuovo al fronte. Il 4 aprile la brigata si è trasferita dall’Ucraina alla Bielorussia, nei pressi di Mozyr. Da lì a Belgorod, sul territorio russo. Il piano è tornare in una delle aree più calde dell’Ucraina, probabilmente nei pressi di Kharkiv, dopo due giorni di riposo. Di norma le unità russe ricevono più tempo per riposare dopo avere lasciato zone di combattimento. Significa che dalla 64esima si aspettano compiti speciali». Con questo documento l’intelligence militare rafforza, per prima cosa, le accuse alla 64esima brigata per le razzie e le uccisioni nella cittadina di Bucha. Su quei crimini le autorità hanno già aperto un’indagine. La Commissione europea ha garantito alla procura generale di Kiev il massimo livello di cooperazione affinché «nessuno resti impunito».

La nota offre anche una conferma, indiretta, ma fondamentale, a quel che il manifesto ha scritto ieri. È molto probabile che i militari yakuti nella fotografia pubblicata da decine di quotidiani nulla abbiano a che fare con la strage di Bucha. «La foto l’abbiamo scattata nel 2019, a Khabarovsk, all’inizio della leva», ha detto Vladimir Osipov, uno degli uomini ritratti in quell’immagine, che ha poi aggiunto: «In Ucraina non sono mai stato. Non ho mai preso parte ad alcun combattimento. Il servizio è durato due anni e l’ho svolto con la 64esima brigata, a Khabarovsk, nella base di Knyaze Volkonskoye. Ma la leva è finita a dicembre e io da allora ho sempre vissuto qui con la mia famiglia».

LA CONVERSAZIONE si è svolta mercoledì 6 aprile. Quel giorno, secondo l’intelligence militare ucraina, gli uomini della 64esima erano fra Mozyr e Belgorod. Ma Osipov ha risposto alla videochiamata nella sua casa, in un villaggio nel distretto di Namskij, in Yakutia, a cinquemila chilometri di distanza.

Non avrebbe mai potuto rispondere se fosse stato al fronte. Lo stesso vale per il suo coscritto Andrey, anch’egli nella fotografia, anch’egli congedato a dicembre, anch’egli da mesi in Yakutia, che ha offerto la stessa versione in una videochiamata giovedì 7 aprile, e ha chiesto, però, di non vedere pubblicati il suo nome, il patronimico e il luogo di residenza.

UN’ULTERIORE CONFERMA arriva dall’enorme mole di dati che i russi si sono lasciati alle spalle nel loro sanguinoso assedio a Bucha. Sulla base di quelli diffusi ancora una volta dall’agenzia di intelligence della Difesa ucraina, un gruppo di attivisti estoni ha pubblicato su internet una mappa su cui è possibile osservare il luogo in cui i militari impiegati a Bucha hanno registrato il loro passaporto.

La mappa si chiama «Da dove vengono gli orchi?». Di ciascuno esistono generalità, numero di passaporto e di matricola. Sono centinaia. Solo dieci sono registrati in Yakutia. Quattro a Yakutsk, sei nel resto della Repubblica. Il più giovane è nato nel 1999. Si tratta, quindi, con ogni probabilità, di militari di carriera, non di leva. Fra loro non figurano né Vladimir Osipov, né Andrey. Secondo Osipov, i militari con lui nella fotografia sono tornati alla vita civile al fine del servizio obbligatorio: «Tutti coetanei e tutti yakuti. Per quel che ne so, tutti in congedo da dicembre».

LA DIFESA UCRAINA ritiene che la decisione di impiegare subito gli uomini di Bucha su un altro fronte caldo come quello di Kharkiv segua una logica precisa: c’è bisogno di «smaltire» testimoni non necessari. «Il personale dell’unità, consapevole della risonanza degli eventi di Bucha e delle responsabilità che quei crimini comportano, si è opposto al ritorno in Ucraina. Ma il comando russo ha ignorato la richiesta e ha minacciato di fare ricorso al tribunale militare». Stando all’intelligence di Kiev, gli investigatori ucraini hanno cominciato a documentare i crimini di guerra commessi dalle forze armate russe: «Nessun occupante sfuggirà alla giusta punizione».

Nuovo materiale arriva da una inchiesta del portale russo Meduza, che a causa dei problemi legali in patria ha dovuto trasferire la sete operativa in Lettonia. La redazione ha ottenuto video girati da droni su Bucha fra il 22 e il 30 marzo. Le immagini mostrano decine di cadaveri lungo le strade. Si tratta di fonti diversi rispetto a quelle già pubblicate dal New York Times.