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Kiev e Mosca: il più grande scambio di prigionieri da 2 anni

Kiev e Mosca: il più grande scambio di prigionieri da 2 annin edificio residenziale distrutto a Kiev – Efrem Lukatsky/Ap

Il limite ignoto Ma i diritti dei detenuti, denuncia l’Onu, vengono gravemente violati da entrambe le parti

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 4 gennaio 2024

Mentre al fronte continua lo stallo dei combattimenti, nelle retrovie russe e ucraine si avvicendano notizie su mobilitazioni e movimenti di truppe e uomini, per così dire più “eterodossi” del solito. Proprio ieri, sulla scia di una serie di attacchi missilistici fra i più letali dall’inizio dell’invasione, si è verificato infatti il più grande scambio di prigionieri di tutto il conflitto: 213 soldati e sergenti, 11 ufficiali e 6 civili detenuti dalle forze di Mosca hanno fatto ritorno in Ucraina e 248 membri dell’esercito russo dall’Ucraina hanno potuto rimettere piede in patria. L’ultima volta era avvenuta ad agosto dopodiché, secondo le autorità di Kiev, la Russia avrebbe sospeso unilateralmente le attività di questo tipo.

STANDO alle parole di commento del ministro della Difesa russo, le trattative per questo scambio sarebbero state «complesse» e si sarebbe arrivati a un accordo grazie alla «mediazione» degli Emirati Arabi Uniti (che però non confermano). Nel suo report più recente (che esamina la situazione sul campo fino al luglio scorso) l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani ha documentato le condizioni spesso gravi in cui versano le persone catturate, da entrambe le parti: si sono verificate, nell’arco dei quasi due anni di guerra, le esecuzioni sommarie o tramite tortura di 25 prigionieri russi e 21 ucraini; allo stesso tempo si riconoscono sforzi da parte del governo di Kiev per «migliorare le modalità dell’internamento» e, se sussistono indicazioni che anche dall’altra parte ci sia una tendenza simile, la situazione nei centri di detenzione in Russia (cui i funzionari Onu non hanno accesso) «rimane tragica».

A proposito di arresti arbitrari, pare che nella notte di San Silvestro la polizia di San Pietroburgo abbia effettuato un fermo di massa nei confronti di 3mila migranti che si trovavano entro il territorio cittadino (lo ha riportato il media locale Fontanka, poi ripreso da diverse pubblicazioni). Stando ai resoconti, le persone fermate (molte delle quali provenienti dalle repubbliche dell’Asia centrale) sono state minacciate di deportazione se non si fossero arruolate come volontarie nell’esercito: una pratica che – secondo siti di informazione indipendente come Meduza – non sarebbe nuova per le autorità russe, alle prese con il continuo stillicidio che si verifica al fronte.

A CONFERMA della necessità di Mosca di trovare “carne da cannone” c’è anche la notizia, data un paio di giorni fa dal Eastern Human Rights Group (Ong per la difesa dei diritti umani fondata da attivisti del Donbass che fuggiti dall’occupazione del 2014), che si starebbe approntando una mobilitazione su larga scala nei territori dell’est ucraino attualmente sotto il controllo russo, con anche il coinvolgimento di diciassettenni. Anche dal lato di Kiev, però, la situazione da questo punto di vista appare tutt’altro che rosea: sta facendo molto discutere il progetto di legge, depositato lo scorso Natale presso il Gabinetto dei Ministri, con cui Zelensky ha dichiarato di voler aumentare gli effettivi dell’esercito di 400-500mila unità. Addirittura, ha scritto Forbes, si prevederebbe un’esenzione temporanea dal servizio militare a seconda del livello di tasse pagate da parte di cittadini con alte entrate e imprenditori, una misura che segnala quanto stia “costando” la guerra non solo in termini di vite umane ma anche di risorse economiche.

INTANTO, l’intelligence ucraina ha affermato che il presidente russo Vladimir Putin starebbe mettendo in piedi una propria compagnia militare privata, “La Spagnola”, formata da ultras del calcio ed ex-combattenti del battaglione Vostok (milizia attiva nella regione occupata di Donetsk) e alla ricerca di volontari tramite una campagna di reclutamento finanziata dal partito governativo Russia Unita. Più la guerra prosegue, più aumentano le fratture – anche di classe.

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