«Kherson è nostra», la festa ucraina per la riconquista
La svolta Russi tutti sull’altra riva del fiume Dnipro, le truppe di Kiev entrano in città. Ma per il Cremlino la regione resta territorio della Federazione Russa a tutti gli effetti
La svolta Russi tutti sull’altra riva del fiume Dnipro, le truppe di Kiev entrano in città. Ma per il Cremlino la regione resta territorio della Federazione Russa a tutti gli effetti
La festa per la riconquista del «quasi pieno controllo» di Kherson ieri è infine esplosa sui media ucraini, dopo l’annuncio ufficiale dell’ingresso in città dei primi reparti dell’esercito di Kiev. Le immagini dell’accoglienza, i «gloria all’Ucraina», la gioia nelle strade e le bandiere rossoblu sugli edifici amministrativi della città si sono subito riversate sui social e nei notiziari.
ANCHE IL GOVERNO ucraino si è decisamente sbottonato, dopo la diffidenza dei giorni scorsi sulle reali intenzioni dei russi e i timori di una trappola. «Giornata storica, Kherson è nostra», esulta il presidente Volodymyr Zelensky». Alla Rada, il parlamento di Kiev il deputato più applaudito è Oleksiy Hontcharenko quando dice: «Non possiamo ancora dire che l’Ucraina ha vinto la guerra, ma possiamo dire che la Russia l’ha persa».
Kherson, l’unico capoluogo di regione occupato dai russi nel corso dell’invasione, era per questo un obiettivo tanto più simbolico. «Ora ripristineremo il territorio ucraino all’interno dei confini riconosciuti a livello internazionale, che includono la Crimea», ha rilanciato subito il consigliere militare della Difesa ucraina, Yuriy Sak.
Certo, resta alta la tensione per il rischio costituito da mine e possibili “imboscate”. L’intelligence ucraina ieri lanciava di nuovo l’allarme sulla presenza in città di soldati russi in abiti civili. La nota terminava rivolgendosi direttamente a loro: «Avete una sola possibilità di evitare la morte, arrendetevi subito».
Per il resto prevale immensa e diffusa soddisfazione per il volgere degli eventi. «È un’importante vittoria – dice il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba – che prova come qualunque cosa la Russia dica o faccia, l’Ucraina vincerà».
TUTT’ALTRO CLIMA A MOSCA. Sulla home page dell’agenzia di stato russa Tass ieri il massimo del risalto era riservato alle esequie in Crimea di Kirill Stremousov, il vicegovernatore della regione di Kherson nominato dai russi, perito mercoledì in quello che è stato archiviato come incidente automobilistico.
La ritirata dallo stesso Oblast e dalla città da cui prende il nome era tutta nel “no comment” di Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino: «Su questo non ho nulla da dire – ha detto nel corso di un incontro stampa ieri a Mosca – , chiedete al ministro competente». Il quale Sergej Shoigu di buon mattino si era limitato a comunicare che il trasferimento di 30mila uomini dalla riva destra a quella sinistra del fiume Dnipro poteva dirsi completato. Al pari di quello dei 115mila civili «evacuati». Con la precisazione – memore forse degli sberleffi sulla «Russia prima fonitrice di armi dell’Ucraina» – che stavolta niente era stato dimenticato, nessun soldato e nessun armamento.
Il ministro della Difesa russo lo avevamo lasciato due giorni prima – nelle immagini diffuse dalla tv di stato – mentre si faceva convincere dal generale Surovikin, il “cannibale” al comando dell’”operazione speciale” e delle forze congiunte di Mosca in Ucraina, che era tempo di lasciare Kherson per salvaguardare vite umane e l’operatività generale delle forze russe. Una ritirata “strategica”, quindi, accompagnata dalla sistematica distruzione dei ponti che uniscono le due sponde nella regione. L’ultimo a venire giù è stato l’Antonovsky, ieri. Ora per passare da una parte all’altra bisogna percorrere 70 km in più.
SAREBBE IL MINIMO, se fosse vero che «con la liberazione di Kherson la pace è più vicina», come ha detto il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni. È ormai evidente che ragioni diverse, non solo la nuova situazione militare sul terreno, indicano per la prima volta se non la voglia la necessità, di aprire un tavolo negoziale. Ma che questo avvicini la pace è tutto da dimostrare.
In mattinata a essere colpita da un raid russo era stata proprio Mykolaiv, la città meridionale che insieme a Odessa e a una buona porzione della fascia costiera sul Mar Nero secondo tutti gli analisti dopo la presa di Kherson non sarebbe più stata più sotto la minaccia diretta dei russi, Sei le vittime, secondo le autorità locali. Colpi di artiglieria ucraina, all’inverso, secondo Ria Novosti hanno colpito una zona residenziale alla periferia di Nova Kakhovka, nella parte della regione ancora sotto il controllo russo.
SEMPRE ATTRAVERSO PESKOV, che ieri ha smentito anche un eventuale intervento in video di Putin all’imminente G20 di Bali, il Cremlino fa sapere che nonostante tutto la regione di Kherson resta 100% territorio russo. Il suo status è «fissato legalmente», quindi «non cambia e non cambierà» ha detto Peskov, senza specificare come Mosca intenda farlo rispettare.
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