Kherson cuore della battaglia, Kiev: distrutto il secondo ponte sul Dnipro
Crisi ucraina Le forze ucraine rivendicano l'attacco, quelle russe rischiano l'isolamento nella città occupata. Mosca contro Washington: «Vicini al punto di non ritorno diplomatico»
Crisi ucraina Le forze ucraine rivendicano l'attacco, quelle russe rischiano l'isolamento nella città occupata. Mosca contro Washington: «Vicini al punto di non ritorno diplomatico»
Il ponte sulla diga di Nova Kakhovka, 55 km a nord-est di Kherson, è distrutto. A dirlo ieri sono state le autorità ucraine, rivendicando la messa fuori uso di un altro ponte strategico nella regione meridionale: «La distruzione è stata assicurata, il ponte è stato reso inutilizzabile», si legge sulla pagina Facebook del Comando sud delle forze armate ucraine.
Conferme dalle agenzie internazionali non ne sono arrivate, ma se Kiev dice il vero si tratta di un colpo significativo all’invasione russa a due settimane dal bombardamento ucraino (con gli Himars statunitensi) dell’Antonivsky Bridge, anche questo sul fiume Dnipro e il più importante della città di Kherson. Occupata dall’esercito russo all’inizio dell’invasione, Kherson è uno degli obiettivi di quella che Kiev e media internazionali definiscono la controffensiva ucraina.
Di certo il mancato accesso a un altro ponte rende più complesso il rifornimento delle truppe russe e rischia di isolare le forze occupanti a Kherson. Mosca ha costante bisogno di uomini e mezzi, a fronte dell’assenza di una «data di scadenza» della guerra.
Ieri l’Institute for the Study of War, think tank statunitense, paventava un possibile aumento di budget per le forze armate russe di 10 miliardi di dollari. A darne conto erano stati i servizi ucraini, secondo cui il Cremlino, entro inizio settembre, sarebbe pronto a rivedere al rialzo il bilancio militare.
E mentre sul campo la guerra non accenna a spegnersi, resta acceso anche lo scontro a distanza tra Russia e Stati uniti: ieri il direttore del dipartimento nord-americano del ministero degli esteri russo, Alexander Darchiev, con la Tass ha commentato la possibilità che il Congresso Usa ponga Mosca nella lista degli Stati sponsor del terrorismo (e l’eventuale congelamento di asset russi negli Stati uniti): si tratterebbe, ha detto Darchiev, di un «punto di non ritorno, con i più gravi danni collaterali per le relazioni diplomatiche bilaterali».
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