Mentre le truppe israeliane si spostano più a sud nella Striscia di Gaza con l’obiettivo di sconfiggere Hamas, gli analisti osservano con attenzione gli sviluppi al confine settentrionale di Israele, dove le sue forze sono impegnate in intensi scontri con Hezbollah libanese, appoggiato dall’Iran. L’invasione di terra a Gaza era stata dichiarata dai leader della Repubblica islamica come un «punto di non ritorno» che avrebbe scatenato la loro reazione. Tuttavia, Teheran e il suo principale alleato, Hezbollah, si trovano di fronte a una scelta difficile: mantenere la propria credibilità come difensori dei palestinesi o entrare in una guerra su vasta scala.

SI INTENSIFICANO gli scontri lungo il confine libanese, mentre secondo Washington, Teheran sarebbe dietro agli attacchi di gruppi antiamericani alle sue basi in Iraq e Siria. Dall’altra parte Houthi dello Yemen, alleati di Teheran, hanno lanciato missili balistici e droni contro Israele e affermano, attraverso il loro portavoce, di avere intenzione di effettuare altri attacchi «fino a quando l’aggressione israeliana non finirà».

Risulta complesso discernere se tali azioni siano mirate a preparare l’espansione del conflitto o siano invece volte esclusivamente a esercitare pressione sugli Stati uniti, con l’obiettivo di limitare le azioni di Israele e ribadire il potere di Teheran agli americani.
Il leader della Repubblica islamica, Khamenei, nel suo ultimo discorso, oltre a esprimere la sua retorica contro Israele, ha invitato i paesi islamici a interrompere ogni cooperazione economica con il regime sionista (Israele) e a condannare apertamente i crimini e le atrocità del regime occupante in tutte le sedi internazionali. Tale richiesta risulta una novità nella retorica di Khamenei. Ciò può far pensare che Teheran stia orientandosi verso un’azione politica invece di un confronto diretto, non avendo trovato un sostegno sufficiente tra i paesi musulmani? O vuole solo mortificare i paesi arabi che non intraprendono azioni concrete a favore dei palestinesi?

Sicuramente, iniziare un conflitto diretto non è negli interessi nazionali dell’Iran che potrebbe avere conseguenze devastanti. Tuttavia, ciò non contraddice il fatto che il regime, per mantenere la sua legittimità “morale” e mettere a tacere il malcontento popolare all’interno del paese, decida di giocare d’azzardo allargando il conflitto attraverso l’alleato Hezbollah, scommettendo sulla mancanza di volontà degli americani di scatenare la guerra in tutta la regione, come viene proclamato da alcuni politici iraniani.

DALL’ALTRO LATO, il Presidente dell’Ufficio Politico di Hamas Ismail Haniyeh nel suo ultimo appello ha dichiarato: «Siamo pronti a negoziati politici per una soluzione di due stati con Gerusalemme come capitale della Palestina», aggiungendo che il processo può iniziare solo a condizione di un cessate il fuoco e dell’apertura di corridoi umanitari per portare più aiuti a Gaza. Non è chiaro se l’apertura di una soluzione negoziale sia maturata a causa della pressione politica esercitata dai paesi arabi o se Hamas si sia convinto che i suoi alleati non vogliono spendersi ulteriormente rispetto a quanto fatto finora. Comunque, se la situazione verrà congelata allo status quo e verrà accettato un cessate il fuoco, Hamas può proclamare la sua vittoria e rivendicare la leadership della popolazione palestinese.

In questo contesto il discorso di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, programmato per domani, potrebbe chiarire la linea di condotta dell’“Asse della Resistenza”. Il ministro degli Esteri libanese, Abdallah Bou Habib, da detto: «Tutto il Libano, compreso Hezbollah, non vuole una guerra. C’è una pressione occidentale sul governo libanese affinché faccia pressione su Hezbollah perché non entri in guerra. Ma Israele inizierà una guerra? Abbiamo bisogno della stessa pressione anche su di loro».

È ALTAMENTE probabile che Hezbollah presenti un ultimatum chiedendo il cessate il fuoco a Gaza e definisca un’altra “linea rossa”. Tuttavia, nel caso in cui percepisca che Israele sta per lanciare un attacco su vasta scala, potrebbe decidere di attaccare preventivamente mentre lo Stato ebraico è impegnato sul fronte di Gaza.